di Roberto Zadik
Ci sono testi del passato che quando rispuntano nelle librerie attirano curiosità e interesse anche se usciti più di un secolo fa. Si tratta del bellissimo romanzo I sognatori del Ghetto di Israel Zangwill (558 pagine 29 euro, Lindau) che, uscito lo scorso 23 agosto in questa rinnovata versione italiana, raccoglie storie verosimili, immaginate ma fortemente espressive e basate sulla realtà da questo accattivante e acuto scrittore ebreo inglese di origini russo-polacche che ricostruiscono la spesso dolente parabola umana e religiosa degli ebrei europei confinati nei Ghetti.
Storie di prima dell’emancipazione, fra sofferenza e speranza, che ripercorrono e trasmettono al lettore moderno la quotidianità finora poco trattata di quei luoghi angusti distribuendola in varie città, dalla sua Londra di fine Ottocento, il testo uscì nel 1898 fino a Roma, a Venezia, ad Amsterdam in una quindicina di racconti che saltellano fra epoche, luoghi e protagonisti diversi. Zangwill con la sua penna rapida e acuta ne traccia brevi “fotografie” intense e gustose fin dai titoli di storie veneziane come Un fanciullo del Ghetto o di vicende prese da spunti religiosi come Giuseppe il sognatore per arrivare al Portogallo del racconto Gabriel Da Costa o al riferimento al celebre Capretto Pasquale che chiude il libro con Chad Gadya. Un autore interessante e innovativo nato da padre lettone e madre polacca nel Ghetto londinese che in tutte le sue opere ha trattato di mondo ebraico con grande ironia e sottile vena introspettiva come in questo testo o ne Il re degli Schnorrer (che in yiddish significa “scroccone”) dedicandosi con grande passione a raccontare la propria identità cercando di fronteggiare pregiudizi e stereotipi antisemiti molto presenti nell’Inghilterra di quei tempi.
Pacifista, sionista, progressista e femminista, soprannominato il “Dickens del Ghetto” è un autore che merita lettura e approfondimento per vari motivi. A cominciare dalla spiccata verve narrativa i temi fortemente attuali come l’assimilazione, il sionismo, la diversità religiosa che per i tanti riferimenti colti, a Spinoza o a Heine, ai testi biblici e alla Torah, alle vicissitudini famose ma anche poco note ai più della storia ebraica. Fra queste la celebre Inquisizione Spagnola, agli autodafè, le stragi e i roghi che dettero il titolo a un celebre romanzo del grande scrittore ebreo bulgaro Elias Canetti, fino alla fustigazione e alle vessazioni antiebraiche nei Ghetti come nel Carnevale veneziano. A questo proposito l’autore nel racconto di Giuseppe Il sognatore descrive con lucida amarezza le parodie carnevalesche, derisioni popolari con “finti funerali del rabbino” e “imitazioni del Rotolo della Legge” (Torah) deriso e sbeffeggiato durante i cortei in quel Carnevale “settimana religiosa di baldoria e diavoleria” come la definisce Zangwill. Pagine ironiche, introspettive e di grande fascino e amarezza, dove vengono citate anche occasioni gioiose nelle Feste di Purim e di Simchà Torah e momenti di difficoltà e di tensione. Si tratta di un libro denso, forse un po’ troppo lungo ma comunque estremamente piacevole e interessante. La vita di questo letterato fu molto dinamica e movimentata e egli conobbe diversi personaggi di spicco della sua epoca. Dal presidente americano Theodor Roosvelt che si complimentò con lui per la sua opera “Meltin pot” (termine attualmente molto usato per descrivere contesti multiculturali) che descrive le traversie di un ebreo russo scampato al pogrom che massacrò la sua famiglia e scappato in America, a Jabotinsky e sostenendo il lavoro e l’opera di Theodor Herzl. Vissuto solo 62 anni, sposato con un figlio, Zangwill visse il travagliato periodo fra il 1864 anno in cui nacque e il 1926 ignaro della tragedia che sarebbe scoppiata nel decennio successivo descrivendo stati d’animo e speranze degli ebrei di ieri e forse anche di oggi.