di Paolo Castellano
Un famoso e stracitato verso del Talmud recita così: “Chi salva una vita, salva il mondo intero”. Una frase che sottolinea e rimarca il valore incontestabile di ogni essere umano, senza discriminazioni di alcun tipo. Inoltre, c’è un racconto della tradizione ebraica che dice: “Esistono sempre al mondo trentasei Giusti, nessuno sa chi sono e nemmeno loro sanno d’esserlo; ma quando serve, escono allo scoperto e si prendono i destini del mondo sulle loro spalle e questo è uno dei motivi per cui Dio non distrugge il mondo”.
Se parliamo di Giusti, non possiamo dimenticare Giorgio Perlasca, la cui vicenda è la dimostrazione e prova tangibile proprio dell’esistenza dei Giusti su questa Terra.
Durante la Seconda guerra mondiale, Perlasca salvò migliaia di ebrei ungheresi ma, per un qualche motivo poco chiaro, la sua storia è rimasta nascosta, consegnata all’oblio, fino a quando, nel 1988, un gruppo di donne ebree ungheresi, sopravvissute alla Shoah, decisero di ritrovare il loro salvatore. La vicenda arrivò all’orecchio del giornalista Enrico Deaglio che incontrò a Padova Giorgio Perlasca per un’intervista che, nel 1991, è diventata il libro La banalità del bene. Resta famosa infatti la domanda che Perlasca rivolse al giornalista: “Lei cosa avrebbe fatto al mio posto?”.
La vicenda del Giusto è un simbolo di coraggio e rettitudine; Perlasca è stato un uomo che, nonostante il passato da militante fascista, ha saputo fare la scelta giusta in un periodo estremamente pericoloso, e lo ha fatto con una fantasia e una determinazione davvero degne di un romanzo.
All’inizio del 2020, la casa editrice Becco Giallo ha deciso di pubblicare una graphic novel intitolata Perlasca. Un uomo comune. Un eroe dimenticato, creata dallo sceneggiatore Matteo Mastragostino e dal disegnatore Armando “Miron” Polacco.
Ascolta qui il podcast di Mosaico con l’intervista a Mastragostino
In precedenza, Mastragostino aveva già pubblicato una graphic novel che gravitava intorno alla Shoah e al mondo ebraico. Nel 2017, con lo stesso editore, ha infatti dato alle stampe Primo Levi con disegni di Alessandro Ranghiasci. Il volume ha avuto un notevole successo, tanto che è stato tradotto in più lingue e distribuito in edicola dal quotidiano nazionale la Repubblica.
Del salvatore degli ebrei ungheresi parliamo con lo scrittore Matteo Mastragostino.
La graphic novel dedicata a Giorgio Perlasca inizia con una sequenza cruenta: l’uccisione di un bambino ebreo nelle strade di una Budapest del 1944. All’omicidio assiste casualmente un signore che indossa un trench, il protagonista. Ma che cosa ci fa Giorgio Perlasca nel 1944 in Ungheria?
Ai tempi, era a Budapest perché lavorava per la SAIB, Società anonima d’importazione di bestiame. Fondamentalmente, faceva il commerciante di carni. Nel 1943 si era trasferito nella capitale ungherese dopo la militanza nel Partito Nazionale Fascista, per il quale aveva combattuto in Spagna. Nel 1938, rinnegò il fascismo a causa dell’alleanza con la Germania nazista e la promulgazione delle leggi razziali. Nell’Ungheria occupata dai nazisti si rifiutò di aderire alla Repubblica di Salò, diventando un ricercato. Dopo molte peripezie, grazie a un documento rilasciato da Francisco Franco in persona, nell’autunno del 1944 ottenne il passaporto spagnolo dal Console Sanz Briz, cambiando il suo nome in Jorge Perlasca e diventando l’assistente del diplomatico spagnolo.
Come salvare gli ebrei di Budapest?
Perlasca si era offerto volontario per la gestione degli edifici che godevano del diritto di extraterritorialità, fingendosi console spagnolo in Ungheria. La Spagna, la Svezia, la Svizzera, il Portogallo e il Vaticano si erano infatti dichiarati neutrali. Perlasca si occupò dunque delle “case protette” spagnole sul territorio ungherese, cercando di salvare più ebrei che poteva dalla violenza delle Croci Frecciate.
Dopo la partenza del vero console spagnolo, l’italiano si finse il rappresentante diplomatico di Spagna, convincendo i gerarchi ungheresi a non far del male alle persone che vivevano negli edifici protetti. Negli anni Quaranta gli ebrei rappresentavano il 5 per cento della popolazione ungherese e il 20 per cento della presenza ebraica era concentrata a Budapest dove i cittadini di origine ebraica occupavano ruoli importanti. Nel 1943, in città la situazione era relativamente tranquilla, ma diventò più dura dal 19 marzo del 1944, quando ci fu l’occupazione nazista supportata dai corpi paramilitari delle Croci Frecciate e dal controllo del maggiore Ferenc Szálasi.
Qual è il messaggio che personalmente ha recepito dalla storia di Giorgio Perlasca?
Nella metà del 1944, Perlasca scelse di restare a fianco degli ebrei ungheresi perché sentiva la responsabilità di queste vite. Per me è una cosa impensabile che un uomo abbia messo a rischio la sua vita, perdendo lavoro e soldi, per stare vicino a persone che non conosceva. Ho deciso di raccontare la sua storia perché Perlasca rappresenta il rifiuto delle ingiustizie della storia.
Matteo Mastragostino e Armando “Miron” Polacco, Perlasca, Becco Giallo Editore, pp. 160, euro 18,00.