di Ugo Volli
Viviamo in tempi difficili. L’assalto del terrorismo non minaccia solo il nostro ambiente culturale e la nostra identità collettiva, ma concretamente le nostre vite. Com’è inevitabile, i giornali lo presentano in maniera episodica, giorno dopo giorno, sull’onda dell’emozione e spesso purtroppo dell’orrore. In questa maniera i fatti appaiono per lo più isolati, senza ragione e senza logica. Ma per poter combattere il terrore è necessario conoscerlo, dunque avere un altro sguardo, più vasto e profondo, cercare di vedere nei dettagli il mostro che avanza, di capirne le strategie, di conoscere i soggetti che lo promuovono, le contraddizioni che vi sono fra loro, la determinazione dei luoghi, della storia, delle tradizioni religiose. Per questa ragione l’ultimo libro di Maurizio Molinari (Jihad, guerra all’Occidente, edito da Rizzoli), non è solo interessante e istruttivo: è uno strumento fondamentale per orientarsi nella sanguinosa violenza che ci insidia, una mappa per capire quali sono i nemici e come combatterli. Molinari è probabilmente il miglior giornalista italiano di politica internazionale. Dopo essere stato corrispondente da New York per la Stampa, il suo giornale l’ha mandato a Gerusalemme, dove ha fatto tanto bene da essere scelto come nuovo direttore. L’anno scorso ha pubblicato un libro sull’Isis (Il califfato del terrore), ora allarga lo sguardo all’intero quadro del Jihad. Nella sua analisi l’assalto islamista all’Occidente è spartito in due campi, quello sciita capeggiato dall’Iran che controlla ormai anche altri Stati come l’Iraq e il Libano, e quello maggioritario sunnita che cerca di resistere alla sua espansione. I sunniti a loro volta sono divisi fra le entità statali, come l’Egitto e l’Arabia Saudita, che cercano di evitare il collasso, e le entità non statali come l’Isis che invece punta proprio sul caos per cancellare i confini, distruggere gli Stati “corrotti” e unificare l’Islam riportandolo alla sua missione di conquistare tutto il mondo. Per il momento, ritiene Molinari, la contraddizione principale resta quella fra le diverse anime dell’Islam: le violenze contro ostaggi e città dell’Occidente sono innanzitutto strumenti per affermarsi in questa guerra. Fin qui il quadro generale. Ma ciò che rende prezioso il libro sono i dettagli, i racconti, le analisi che mostrano quanto diffuso e complesso sia il pericolo: un mondo spesso così pittoresco e truculento da sembrare un romanzo. Ma invece, ahimè, vero e minaccioso per tutti.