di Ugo Volli
[Scintille. Letture e riletture]Non c’è dubbio che il più grande storico del pensiero ebraico del Novecento sia stato Gershom Scholem che, come fondatore della storia accademica della mistica ebraica, ha aperto un campo di studi fruttuosissimo e fino ad allora inesplorato. Se fuori degli ambienti religiosi ebraici più rigorosi e degli altri, del tutto staccati da questi, dei cultori di superstizioni e mitologie di facile consumo, si parla oggi di Kabbalah come una grande corrente di pensiero e di devozione che attraversa la storia ebraica da almeno otto secoli, lo si deve al grandissimo lavoro di scavo filologico, di ricostruzione storica, di meditazione filosofica che Scholem condusse per sessant’anni e che è stato continuato dai suoi allievi diretti e indiretti. Ma chi era Scholem? Che vita ha fatto? Che amici aveva, che atteggiamenti politici, che vita sentimentale? Lo si può capire leggendo la bella biografia che al “maestro della Kabbalah” ha dedicato David Biale, professore di Storia Ebraica all’Università di Davis in California. Biale ha pubblicato una prima versione di questo libro trent’anni fa, ma l’ha completamente riscritto nel 2018 e di qui viene la traduzione italiana appena pubblicata da Carocci.
Leggendola, possiamo avere uno scorcio sull’ebraismo assimilato della sua famiglia, nella Berlino dell’inizio del secolo, sui suoi rapporti burrascosi col padre, sulla sua scelta sionista che interpretò da subito soprattutto sul piano culturale, come studio entusiasta e intensissimo della lingua e della tradizione ebraica, ma anche sul piano dell’impegno giornalistico e politico. Vediamo poi il fascino per la figura quasi paterna di Buber, seguito da un forte rifiuto polemico; la posizione pacifista contro la prima guerra mondiale, pagata con l’espulsione dal liceo e perfino una reclusione in un ospedale psichiatrico, l’amicizia senza riserve per Walter Benjamin, più vecchio di qualche anno, e il difficile rapporto con Rosenzweig. Scopriamo una vita sentimentale piena di alti e bassi fino al primo matrimonio con Escha Burchhard con cui condivise l’immigrazione in Israele nel 1923. La carriera accademica in Israele all’inizio non è facile, ma poi l’autorevolezza di Scholem lo impone come uno degli intellettuali decisivi del paese. I suoi studi producono libri decisivi, dalle Grandi correnti della mistica ebraica, originariamente del ‘41, alla monumentale biografia del falso messia Shabbatai Zevi del ‘57 alla Kabbalah e il suo simbolismo del ‘65 a tutti gli altri. La sua posizione politica in Israele fu sempre favorevole a un accordo con gli arabi, anzi per i primi decenni fu contrario alla fondazione dello Stato ebraico e a favore di un’entità politica multinazionale, ma dopo l’indipendenza la sua lealtà a Israele lo portò a un duro contrasto con la vecchia amica Hannah Arendt, soprattutto in occasione del processo Eichmann. La sua è stata un’esistenza da studioso, senza troppe avventure, salvo forse un viaggio in Europa nel ‘45 per il recupero di manoscritti ebraici depredati dai nazisti. Ma anche una vita di studi può essere emozionante, ricca di svolte e di sorprese, come mostra il libro di Biale.
David Biale e il suo libro su Gershom Scholem Il maestro della cabala (trad. G. M. Caio, editore Carocci, pp. 211, euro 23,00).