Il mondo amato e perduto degli ebrei d’Egitto

Libri

di Ester Moscati

Ebrei ed Egitto: un legame che non si è mai interrotto fin dai tempi di Avraham Avinu, passando Giuseppe, poi per Mosé… Ma in questo libro si racconta soprattutto della grande stagione dell’ebraismo egiziano contemporaneo, che data dalla fioritura economica del Paese del Nilo e del Canale di Suez, aperto nel 1869, fino al tracollo del 1956 con la cacciata di (quasi) tutti gli ebrei. Ne parliamo con l’autore, Daniel Fishman, che presenterà questo lavoro imponente in una serata organizzata da Kesher.

La tua famiglia è originaria dell’Egitto e alla vita ebraica nel Paese hai dedicato il precedente romanzo “Il chilometro d’oro”. In questo saggio di ben 449 pagine lo sguardo si allarga alla storia dal 1869 fino all’esodo definitivo del 1956. Quali sono le caratteristiche peculiari di questa comunità, rispetto a quelle di altri paesi arabi o musulmani?
L’apertura del Canale di Suez nel 1869 fu un fatto rivoluzionario nella storia del Paese e del mondo di allora, perché da quel momento le navi non dovevano più circumnavigare tutto il continente africano per trasportare le merci. L’Egitto acquisì così nuova centralità, fascino ed interesse. Tra le conseguenze, una forte immigrazione dall’Europa e l’arrivo di tanti ebrei, compresi un nutrito gruppo di ashkenaziti che andavano ad integrarsi al radicato nucleo di musta arbin, ebrei residenti in Egitto dai tempi del Medioevo, ai Caraiti, ai megorashim (esiliati dalla Spagna) e ai mograbim (magrebini) principalmente dediti al commercio ed arrivati nel Paese favoriti dalle leggi ottomane. Una prima caratteristica è dunque che gli ebrei risiedevano in Egitto ininterrottamente “fin dai tempi delle Piramidi”.
La seconda, è la presenza dei Caraiti che coesistevano con la comunità degli ebrei rabbaniti.
La terza è che in questi 87 anni (tra il 1869 e il 1956), la comunità ebraica egiziana visse un momento di grande espansione e splendore.
Il saggio vuole documentare come in nessun altro paese arabo gli ebrei si ritrovarono in posizioni di tale rilievo, determinando o contribuendo in maniera significativa allo sviluppo dell’Egitto. Anche per via di uno status giuridico di favore, condizione per certi versi opposta a quella da loro avuta nei secoli precedenti, quando gli ebrei al pari dei cristiani erano considerati dhimmi, e come tali dotati di minori diritti ed opportunità rispetto ai loro vicini musulmani.
In questo quadro gli ebrei, nuovi e vecchi residenti del Paese, si trovarono volenti o nolenti nel ruolo di intermediari tra diversi mondi e culture. A differenza però di quanto avvenuto nel Maghreb o nella vicina Libia, questo li mise in una posizione di primato, paragonabile forse solo a quella degli ebrei iracheni.
Nel saggio Il grande nascondimento ho ricostruito le vicende di “marranesimo” degli ebrei di Mashad in Persia. Siamo nello stesso periodo ma qui gli ebrei dovevano convertirsi oppure “dissimularsi”; in Egitto gli ebrei potevano invece liberamente esprimersi in tutti i campi di attività della società e dello Stato.

Alcune figure sono secondo me molto significative: Joseph Aslan Cattawi Pasha, che era anche il capo della comunità ebraica del Cairo, fu nominato Ministro delle Finanze e poi Ministro delle Comunicazioni. Il Rabbino Capo della Comunità, in un certo periodo Rav Nahum Effendi, era considerato un’autorità nazionale e come tale presente in prima fila in tutte le cerimonie ufficiali. Le tante sinagoghe costruite in questo periodo in Egitto, al pari di quanto avveniva in Europa, erano “manifeste”, grandi e ben decorate e poste in importanti strade delle città e con piena evidenza di simboli ebraici.

In questo libro, sottolinei il particolare contributo ebraico allo Stato egiziano. Come si è concretizzato, quali sono i campi più significativi?
Ho ricostruito il contributo ebraico in tutti gli ambiti del paese: nell’economia e nel lavoro, nell’educazione e nella formazione della classe dirigente, nei giornali e nelle diverse produzioni librarie, nella politica, nel cinema, nel teatro, nella musica, nello sport e persino nei cartoni animati.

Ho scelto di pubblicare più di 300 foto, molte delle quali inedite, per dare l’idea della vivacità e dello status della comunità ebraica egiziana. Il saggio ricostruisce tantissime storie, imprese, aneddoti, e tanti della nostra comunità potranno ritrovare nomi di famiglie a loro conosciute. Tra le diverse attività, non si può non citare la canna da zucchero e il cotone egiziano, il più pregiato al mondo, dove tanti fecero fortuna. Altri crearono le compagnie di trasporto, resort turistici, imprese immobiliari, giornali, altri ancora si distinsero nelle libere professioni. Si fa però prima a dire che non vi fu settore nel quale non si trovi una traccia ebraica. Ed anche per le carriere rabbiniche, tanti candidati anche italiani erano molto contenti di ottenere una cattedra prestigiosa e ben retribuita ad Alessandria o al Cairo.

La storica Levana Zemir, nella introduzione, scrive della grande capacità di attrazione dell’Egitto, nei secoli, verso gli ebrei dell’area nordafricana e non solo. Racconta di un rapporto tri-millenario tra Egitto ed ebrei e si chiude con parole di speranza sul futuro delle relazioni con Israele. Sei altrettanto ottimista?
Se dovessimo attenerci a quanto emerso in generale nell’ultimo anno e mezzo c’è poco da sperare perché il mondo sta registrando solo l’aumento dei conflitti. Noi ebrei siamo però abituati a ragionare in ottica prospettica, sui tempi lunghi e a saper cogliere tutti i segnali che arrivano. Vorrei citare due elementi positivi e significativi. In primis è giusto ricordare come il Governo egiziano si sia prodigato in questi ultimi anni per restaurare diverse sinagoghe e manufatti ebraici. Voglio poi rendere noto un beau geste appena accaduto a Milano. Un amico egiziano musulmano ha chiesto alla nostra comunità di poter restaurare a sue spese la tomba posta al Monumentale (parte ebraica), di Max Herz Pascià, un importantissimo architetto e restauratore dell’Egitto in epoca moderna. La conoscenza delle cose porta anche a fatti concreti. È anche per questo motivo che ha avuto senso per me scrivere questo libro che rende piena giustizia ad una storia finora poco esplorata.

 

Dall’alto: Rav Haim Nahum Effendi (1936); Joseph Cattawi Pashà; la pubblicità della Vespa; Galeries d’ameblement Haddad nel centro del Cairo (1939).

 

Per acquistare il libro: https://www.salomonebelforte.com/Prodotti/602/ebrei-d-egitto.aspx