di Nathan Greppi
Dopo il 7 ottobre 2023, molte cose sono andate perdute; oltre alla speranza di un possibile accordo di pace con i palestinesi quantomeno nel breve termine, e alla certezza che le difese israeliane fossero inviolabili, è saltata anche l’illusione di poter ricevere la giusta solidarietà da parte del mondo dopo la peggiore strage di ebrei compiuta dopo la Shoah. Una disillusione testimoniata anche da esponenti della sinistra pacifista israeliana come gli scrittori David Grossman ed Etgar Keret, rimasti sconvolti nel vedere come molti occidentali della loro stessa area politica hanno giustificato o minimizzato i massacri compiuti da Hamas.
Chi ha provato a raccontare il clima che si è creato dopo il 7 ottobre, e che ha portato ad uno sdoganamento dell’antisemitismo che non si registrava da decenni, è il giornalista Pierluigi Battista. Attingendo ai suoi articoli usciti nell’ultimo anno sulle testate Huffpost Italia e Il Foglio, Battista ha scritto un piccolo pamphlet per denunciare l’odio e le falsità contro Israele e gli ebrei diventate mainstream dopo i pogrom di Hamas e lo scoppio della guerra a Gaza, intitolato La nuova caccia all’ebreo.
Oltre a riportare testimonianze recenti di ebrei italiani in merito all’antisemitismo crescente, come il consigliere comunale di Milano Daniele Nahum e il tesoriere UGEI Anna Tognotti, l’autore cerca di mettere in luce analogie e differenze con il clima d’odio antiebraico creatosi in Italia nel 1982, durante la guerra in Libano. In particolare, grazie ad una attenta ricostruzione storica riesce a sfatare diversi falsi miti; ad esempio, l’idea che prima del fondamentalismo islamico di Hamas a rappresentare i palestinesi fosse un nazionalismo laico “moderato”, quando basta citare l’omicidio di Leon Klinghoffer del 1985 o l’attentato al Tempio Maggiore di Roma del 1982 in cui perse la vita il piccolo Stefano Gaj Taché per capire che i nazionalisti palestinesi di allora non erano affatto moderati.
Sempre attraverso la ricostruzione storica, Battista mette in luce l’ipocrisia e il doppiopesismo degli antisionisti; se in molti ricordano i massacri di Sabra e Chatila commessi dai falangisti libanesi alleati d’Israele, pochissimi al contrario ricordano il massacro di settembre nero, compiuto nei campi profughi palestinesi dall’esercito giordano. E se in molti commemorano la Nakba, come i palestinesi chiamano l’espulsione di molti dei loro dopo la vittoria d’Israele nella guerra d’indipendenza del 1948, sono molti meno quelli che ricordano l’espulsione degli ebrei dai paesi arabi, avvenuta negli anni successivi.
Non mancano i riferimenti all’attualità, con l’odio diventato sempre più pervasivo nelle università occidentali, dove gli israeliani vengono accusati di adottare politiche di apartheid. Un’accusa facile da smentire, dal momento che in Israele i cittadini arabi hanno sempre avuto il diritto di voto e di essere eletti nella Knesset, il parlamento israeliano.
La nuova caccia all’ebreo è un vero e proprio grido di rabbia e indignazione verso un Occidente dove soprattutto i giovani e il mondo della cultura sembrano ubriachi d’odio verso Israele e, in certi casi, gli ebrei in quanto tali. Come se non avessero imparato nulla dagli errori del passato.
Pierluigi Battista, La nuova caccia all’ebreo, Liberilibri, pp. 96, 14,00 €.