di Nathan Greppi
Dopo la fine della Guerra Fredda, in molti avevano iniziato a pensare che il liberalismo avesse trionfato definitivamente su qualunque altra corrente di pensiero, al punto che divenne celebre il termine “fine della storia” coniato dal politologo Francis Fukuyama. Tuttavia, negli ultimi anni diversi avvenimenti hanno dimostrato quanto questa teoria fosse fallace: l’integralismo islamico, i populismi in Occidente, una Cina che anziché democratizzarsi è diventata sempre più repressiva. Tutto ciò ha portato a riconsiderare la solidità della democrazia liberale, data per scontata fino a qualche anno fa.
In mezzo a questo fermento, oltre a chi prova a proporre nuove idee c’è anche chi auspica un ritorno a valori tradizionali andati perduti. È il caso del filosofo israeliano Yoram Hazony, che nel suo saggio La scoperta del conservatorismo racconta la genesi e le caratteristiche di quello che chiama “conservatorismo nazionale”, inteso come contrapposto al liberalismo.
Il libro è suddiviso in quattro parti: nel primo, Hazony racconta la storia del pensiero conservatore nei paesi anglosassoni, illustrando le idee cardine dei suoi teorici come Edmund Burke; nel secondo, illustra le idee e i principi che ne stanno alla base; nel terzo, come si è evoluto dal secondo dopoguerra fino ai giorni nostri; e infine, nel quarto capitolo racconta diversi aneddoti della propria vita in cui spiega cosa lo ha spinto ad abbracciare queste idee.
Da un certo punto di vista, questo libro può essere considerato come un seguito del precedente best-seller di Hazony, Le virtù del nazionalismo del 2018. Anche qui, ad essere criticato è principalmente il liberalismo: secondo l’autore, le idee che hanno messo al centro le istanze e le necessità dell’individuo a discapito della nazione hanno finito per indebolire la società, prestando il fianco a ideologie estremiste che sfrutterebbero la debolezza dei liberali per imporre la loro agenda.
Nella sostanza, l’autore sembra sostenere che il vero conservatore è colui che, pur rispettando le libertà individuali, dà la priorità alla collettività, incarnata dalla nazione e dalla famiglia. Quella che lui cerca di offrire è una sorta di “quarta via”, alternativa al liberalismo, al marxismo e alle ideologie razziste.
Un lato positivo del libro è che nella quarta parte, la più scorrevole come lettura, attraverso aneddoti personali Hazony ha il raro pregio di criticare da destra quei conservatori che parlano di certi valori in pubblico senza praticarli nel privato (si pensi a quelli che parlano di difesa della famiglia tradizionale, salvo poi essere divorziati oppure omosessuali nascosti). Secondo lui, in questi casi la sfera pubblica deve essere coerente con quella privata e viceversa.
Un aspetto negativo, invece, sta nel suo predicare il ritorno a nazioni teocentriche, dove le leggi siano in linea con la religione di stato. Concentrandosi sui contesti anglosassoni, non si tiene conto del fatto che in altri paesi, come l’Italia, l’emancipazione della minoranza ebraica è avvenuta grazie ai valori laici del Risorgimento, contrapposti alla Chiesa Cattolica che ha iniziato a dimostrare una certa tolleranza verso gli ebrei solo a partire dal Concilio Vaticano II. Prima di allora, i rapporti ebraico-cristiani erano molto più negativi di quanto l’autore sembri ricordare.
Il libro è consigliato principalmente a coloro che hanno già una certa dimestichezza con le correnti di pensiero dominanti nella politica americana e inglese, perché diversi termini e concetti sono difficili da capire per chi non ha conoscenze pregresse in merito: in particolare, parole come “marxista” e “liberale” negli Stati Uniti hanno un’accezione molto diversa da quella che hanno in Italia. Che ci si trovi d’accordo o meno con l’autore, le idee da lui espresse possono offrire spunti di riflessione interessanti.
Yoram Hazony, La scoperta del conservatorismo, traduzione di Simone Platania, Giubilei Regnani, pp. 424, 24,00 euro.