di Stefania Ilaria Milani
NEW YORK – Uno scrittore si addormenta presto, dopo aver sbirciato qualche riga di “Phantasms of the Living” (uno studio in due volumi sulla telepatia e sui sogni, anno 1886), poi si sveglia, pieno di idee, e a notte fonda comincia a scrivere una storia nuova. La storia di un ipotetico Morris Krakower, portavoce del Komintern negli anni ’30 che, rincasato da un congresso a Varsavia sulla pace nel mondo, vede ai piedi del proprio letto lo spettro del compagno Damschak, tutto intento a tirargli via la coperta di dosso. A sbattergli in faccia il fantasma degli errori compiuti durante la sua brillante carriera.
È questo l’incipit di “Inventions”, il racconto inedito firmato Isaac Bashevis Singer che il settimanale New Yorker ha presentato per la prima volta al pubblico nel numero di fine gennaio. Malgrado fosse stato scritto nel 1965 e già tradotto dallo yiddish all’inglese nel ’67 (dopo la pubblicazione in Israele con il titolo “Di Temes“), tuttavia non fu mai stampato sulle pagine dei molti magazines americani e europei con i quali l’autore di “Satana a Goray” collaborava (lo stesso New Yorker, ad esempio, o il Saturday Evening Post). Forse a causa di motivi politici (non voleva schierarsi né tra le file del maccartismo, né tanto meno in quelle comuniste), forse perché risentiva di uno stile autodiegetico troppo sperimentale rispetto ai suoi soliti lavori in lingua inglese.
Comunque fu esattamente quel primo, e pure unico, adattamento a cura di Aliza Shevrin ad essere capitato a tiro del critico letterario David Stromberg mentre rovistava tra le carte di Singer. «Ho scovato il dattiloscritto nell’aprile dello scorso anno, durante un viaggio di ricerca all’Harry Ransom Center ad Austin in Texas, dove si trova l’archivio di Isaac B. Singer – spiega Stromberg in un’intervista -. Ci sono andato per raccogliere saggi inerenti ad arte, filosofia e religione. Finché non mi sono imbattuto nel nome “Inventions” e ho verificato che non corrispondesse a nessuna delle sue opere pubblicate. Sembrava potesse essere un saggio, così ho chiesto il permesso di esaminare il documento. Alla fine si è rivelato un racconto inedito».
Chi è, dunque, il nostro integerrimo eroe? Chi è Morris Krakower? È un piccolo uomo tarchiato, capelli a spazzola e un paio di spesse lenti pince-nez. Il suo pizzetto ricorda la barbetta di Lenin; la voce risulta metallica. Conosce diverse lingue; ha addirittura tenuto alcune conferenze alla Sorbona. Due volte l’anno, si reca a Mosca. E, per giunta, è figlio di un petroliere ebreo. Lui, tanto scaltro e razionale da continuare a ripetersi “Basta con questa stupidata, ci dev’essere senz’altro una soluzione. Mai permetterò a me stesso di cadere nella trappola di una superstizione! Sarà solo colpa di una specie di nevrastenia” quando lo spirito dell’ex collega Damschak (misteriosamente scomparso nella capitale sovietica a seguito di un’accusa di trotskismo rivolta a esponenti del partito e, secondo molti, vittima delle lotte interne al regime staliniano) torna a tormentarlo. Un po’ a memento preventivo (se il prossimo a sparire fosse proprio Krakower?), un po’ per qualcosa che ha a che fare con la sua coscienza sporca. Lui, il dirigente del grande Partito Comunista russo, che, se Damschak fosse stato davvero un fantasma, avrebbe dovuto ridiscutere tutto: l’ideologia, l’ateismo, il materialismo, la politica. E cosa avrebbe fatto allora? In cosa credere? “Ci sono eventi che un uomo ha l’obbligo di rinnegare, anche a se stesso. Ci sono segreti che bisogna portarsi nella tomba”, dice sicuro.
Così “Inventions” diventa una sorta di racconto di spettri politico-postmoderno, con un tono che omaggia i maestri Poe, Dostoevskij, Cechov e tornando a trattare alcuni dei topoi più cari al Premio Nobel per la Letteratura 1978: le contraddizioni del comunismo, l’occulto, la gracilità delle dottrine e della leadership governativa.
«Spesso Singer propone le sue narrazioni in modo tale che i “credenti” possano trovarvi conferme e i “non credenti” possano avere prove per non credere – afferma David Stromberg -. “Inventions” espone l’assurdità del forzato scetticismo di Morris di fronte a ciò che, invece, è ovvio per noi lettori contemporanei: ovvero che il regime di Stalin fu omicida e che annientò i suoi alleati più facilmente di quanto fece coi nemici. Non importa, poi, che tale verità appaia sotto forma di un demone. La si può vedere come una proiezione della coscienza colpevole del protagonista o come trasmissione mentale dall’estinto Damschak. In entrambi i casi, Krakower preferisce vivere assieme alle bugie che lui stesso e gli altri gli propinano. D’altronde, l’auto-inganno è sempre stato uno dei temi centrali della letteratura singeriana, da “Gimpel l’idiota” fino agli ultimi romanzi».