Iosif Brodskij, ebreo, poeta russo e saggista americano: quando l’ebraismo e il cristianesimo dialogano all’interno di una stessa persona

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di Cyril Aslanov

[Ebraica. Letteratura come vita]

La dimensione ebraica nella poesia di Iosif Brodskij (1940-1996) appare paradossale dal punto di vista degli occidentali, abituati a considerare l’ebraismo come una confessione religiosa, oppure da una prospettiva israeliana secondo la quale l’ebraismo è la religione ufficiale dello Stato-nazione ebraico. Eppure, nel contesto russo, e ancora più evidentemente, nel contesto sovietico, la nazionalità ebraica è un dato amministrativo che non ha più niente a che fare con la base religiosa dell’identità ebraica. Tant’è vero che anche battezzato all’età di due anni in una piccola città sulle sponde del Volga dove sua madre aveva trovato rifugio durante l’assedio di Leningrado (1941-1944), Brodskij non smise mai di essere considerato ebreo e di considerarsi come tale. È significativo che dopo la sua emigrazione negli Stati Uniti nel 1972, un giornalista gli chiese se egli fosse americano o russo. A questa domanda Brodskij rispose che lui era «un ebreo, un poeta russo e un saggista di lingua inglese». Nella sua risposta diede alla sua identità ebraica la precedenza su quella russa o anglosassone. Brodskij si espresse in modo simile nella conferenza stampa tenutasi a Stoccolma nel 1987 quando ricevette il premio Nobel. Menzionò la sua identità ebraica al primo posto ma sottolineò che era distaccato dalla tradizione ebraica e che era uno scrittore russo, cioè non solo uno scrittore che crea in russo, ma una parte integrale del paesaggio letterario russo che del resto si trovava spesso fuori dalla Russia.

Nel contesto sovietico dove era considerato come un parassita e un dissidente, Brodskij esprimeva talvolta una tematica cristiana latente per sfidare il regime poiché la sua identità religiosa era quella di un sovietico battezzato clandestinamente in piena guerra mondiale. Però una volta liberato dal contesto sovietico e sistemato negli Stati Uniti, un paese dove la norma è di essere affiliato ad una religione, Brodskij non poteva più considerare il suo cristianesimo come un elemento sovversivo. La banalizzazione della sua identità cristiana potrebbe spiegare la sua volontà di dare un’espressione più palese alla sua identità ebraica, che non era più un dato dell’anagrafe come in Unione Sovietica, bensì un sentimento fondatore nel suo status di poeta esiliato.

Eppure, anche prima del suo esilio fuori dall’URSS, Brodskij si sentiva già come un emigrato all’interno del proprio paese poiché era incapace di conformarsi alle norme sociali del totalitarismo sovietico. Già nella sua prima gioventù sentiva un’attrazione per l’Occidente e in particolare per gli Stati Uniti. È rivelatore che quel suo tropismo nordamericano che fa parte della sua dissidenza antisovietica si tradusse attraverso il riferimento implicito all’elegia di Longfellow The Jewish Cemetery at Newport, una meditazione romantica sul destino ebraico attraverso l’evocazione del cimitero di Newport nello Stato di Rhode Island. Questo cimitero è il secondo più antico degli Stati Uniti giacché risale al 1677, quando la regione si chiamava ancora Nuova Inghilterra. Per ritrovare la poesia del suo destino ebraico nell’Unione sovietica il giovane poeta ha dovuto passare per la mediazione di un illustre rappresentante della letteratura americana, la cui elegia animata di sentimenti benevolenti nei confronti degli ebrei costituisce una riflessione sul destino dei discendenti dei marrani. Costretti all’apostasia nelle loro patrie iberiche, quegli ebrei spagnoli o portoghesi scappati alle grinfie dell’Inquisizione avevano trovato un rifugio in Olanda e in Inghilterra nonché nelle colonie olandesi e inglesi del Nuovo Mondo. Vorrei citare integralmente questo poema fondatore dell’identità poetica di Brodskij, ebreo battezzato in cerca delle sue origini. La traduzione è dovuta a Jean Ibsen:

Un cimitero ebraico presso Leningrado. / Uno steccato sbilenco di marcio compensato. / Dietro lo steccato sbilenco riposano insieme / giuristi, mercanti, musicisti, rivoluzionari. / Per sé hanno cantato. / Per sé hanno accumulato. / Per gli altri sono morti. / Ma prima avevano pagato le tasse, onorato le autorità, / e in questo mondo, disperatamente materiale, / commentato il Talmud, / conservandosi idealisti. / Forse, vedevano meglio. / Forse, credevano ciecamente. / Ma insegnavano ai figli a essere pazienti e tenaci. / Non seminavano frumento. / Non hanno mai seminato frumento. / Essi stessi semplicemente si stendevano nella fredda terra, come semente / e si addormentavano per l’eternità. / Poi li coprivano di terra, / accendevano candele, / e nel giorno del Ricordo / dei vecchi affamati con voci acute / soffocando dalla fame / gridavano di pace eterna. / Ed essi la conquistavano. / Nella decomposizione della materia. / Non ricordando nulla, / non dimenticando nulla. / Dietro lo steccato di umido compensato, / quattro chilometri dalla circonvallazione tranviaria /

Durante il primo processo di Brodskij che ebbe luogo nel febbraio 1964 questo poema venne considerato come una manifestazione di “nazionalismo ebraico”. Eppure, la scelta fatta dal poeta di parlare della sua identità ebraica attraverso l’evocazione di un cimitero rivela che, per lui, l’ebraismo o piuttosto l’ebraicità, cioè un modo di sentirsi diffusamente ebreo anche fuori dalla tradizione ebraica e di ogni riferimento positivo all’ebraismo, sono legati al passato o più esattamente al passato della sua famiglia.

Infatti, al momento della scrittura del poema nel 1958, la nonna di Brodskij riposava già in questo cimitero, cioè nel reparto ebraico del cimitero Preobrazhenskoe localizzato in un sobborgo di Leningrado. Ma in realtà l’idea di scrivere un poema su un cimitero ebraico trapassa la dimensione referenziale. Sembra inanzitutto la manifestazione dell’ambizione di un diciottenne ammiratore della poesia anglosassone di creare in russo un equivalente dell’elegia romantica. Con la distanza degli anni passati da quando il diciottenne Brodskij scrisse quest’imitazione creativa del poema americano, si può suggerire l’ipotesi che il giovane poeta avrebbe intuito tutto ciò che univa il suo destino di ebreo battezzato – e non di meno discriminato dall’antisemitismo di Stato dell’Unione Sovietica – alle vicende dei cripto-ebrei perseguitati dall’Inquisizione iberica e poi tornati all’ebraismo nei paesi dove vigeva la libertà religiosa.