di Ugo Volli
[Scintille: letture e riletture]Si usa chiamare Kabbalah, cioè “ricezione” quella parte della tradizione ebraica che riguarda argomenti “mistici” come i “segreti della creazione” o quelli che riguardano la struttura interna della divinità e della sua “interfaccia” col mondo creato. Tracce di questi argomenti e forti limiti alla loro divulgazione sono già presenti nelle Scritture (per esempio nella visione del carro di Ezechiele), altre sono citate qua e là nel Talmud (per esempio nel racconto della visita di alcuni maestri nel “Pardes”, il giardino della conoscenza). Ma la Kabbalah divenne predominante fra il XII e il XVI secolo prima in Spagna e in Provenza, con la pubblicazione dello Zohar e figure come Abulafia e Rambam, poi a Safed con la grande scuola di Luria, Caro, Cordovero.
Essa alimentò anche molto il mondo chassidico orientale dal XVIII secolo, fu rifiutata e rimossa dai movimenti occidentalizzanti come la Haskalah e la Wissenschat des Judentums, e infine fu “riscoperta” da una corrente di studi inaugurata da Gershom Scholem, che fece un grandissimo lavoro di ricostruzione storiografica delle grandi figure della mistica ebraica, sostenendo la sostanziale unità di questa corrente ebraica nei secoli e il suo carattere “gnostico”. Per Scholem la Kabbalah ambiva in sostanza soprattutto alla “conoscenza segreta” del divino.
Dopo la morte di Scholem, il suo principale autore nello studio della Kaballah è Moshé Idel, non propriamente un allievo ma un continuatore che non ha paura di discutere con il maestro. Per Idel la Kaballah è un fenomeno meno unitario, più complesso e soggetto a influenze esterne alla tradizione ebraica. Ma soprattutto più dell’aspetto cognitivo conta quello pratico, l’uso di rituali, preghiere, pratiche di vita che in parte sono quelli della tradizione generale ebraica rivivificati e riempiti di nuove intenzioni, in parte sono aggiunti, senza violare però le regole stabilite. Lo scopo principale dei cabalisti per Idel non è la conoscenza del divino, ma la modifica della condizione umana e anche della condizione metafisica del mondo, in definitiva la fusione del fedele con la sfera divina, che è l’oggetto vero della mistica. La preghiera, l’invocazione del Nome divino, la lettura della Torah e altre pratiche sante hanno infatti per i cabalisti il potere di influire sulla divinità e sull’universo, perché vi è una catena dell’essere che congiunge ogni cosa.
È un immaginario ricchissimo e affascinante che Idel ha ricostruito nei suoi libri in grande dettaglio.
Ora esce in Italiano un testo del 2005 in cui la sua immagine della Kabbalah è ricostruita nella maniera più chiara e teoricamente motivata. Il titolo dell’opera, pubblicata da Morcelliana, Catene incantate, allude proprio al legame universale intuito dai cabalisti; il sottotitolo “Tecniche e rituali nella mistica ebraica” riassume la visione di Idel della Kabbalah. È una lettura affascinante che illumina il senso religioso, prima che mistico, del lavoro di molte generazioni di saggi dell’ebraismo.