di Ugo Volli
[Scintille. Letture e riletture] Chiunque metta da parte per un momento l’indignazione e il lutto e cerchi di pensare con freddezza alla guerra contro Israele iniziata da Hamas più di un anno fa, non può che porsi il problema del perché hanno deciso di iniziare il conflitto.
Certamente Hamas aveva preparato per anni l’invasione del territorio israeliano e la strage, non c’è dubbio che avesse intuito la sottovalutazione della sua minaccia militare da parte dello stato maggiore delle forze armate e il grave indebolimento provocato delle manifestazioni antigovernative, che era arrivata fino al rifiuto del servizio militare. Illusi forse dalla protezione iraniana, potevano pensare che gli arabi israeliani avrebbero provocato disordini come un anno prima, che il terrorismo in Giudea e Samaria sarebbe esploso in una nuova sommossa generale, che Hezbollah avrebbe realizzato un’analoga invasione della Galilea che aveva anch’esso preparato. Niente di tutto ciò per fortuna è accaduto.
Ma come poteva pensare un’organizzazione benissimo attrezzata per il terrorismo, ma solo per quello, di sconfiggere un esercito avanzato, uno Stato pieno di risorse e un popolo esperto e deciso come quello israeliano? Naturalmente vi sono molte ragioni, il fanatismo e la ricerca del martirio, l’ambizione personale, il disprezzo storico per gli ebrei che porta a sottovalutare le risorse di Israele, la convinzione che lo Stato ebraico si sarebbe fermato presto come era accaduto dopo altri attacchi islamisti provenienti da Gaza, l’odio cieco per gli “infedeli” che hanno la pretesa blasfema di autogovernarsi in un territorio già conquistato dall’Islam. Ma la ragione principale è un’altra, più generale Per capirlo bisogna leggere l’ultimo libro di Fiamma Nirenstein, La guerra antisemita contro l’Occidente. Il punto fondamentale è che l’attacco da Gaza, sia il pogrom che le migliaia di missili sulle città israeliane, è per i terroristi e per i loro organizzatori, finanziatori e controllori iraniani, solo una parte di una battaglia molto più vasta, che mira alla distruzione di Israele attraverso la demoralizzazione e l’isolamento internazionale, prima del colpo di grazia con la bomba atomica, ma punta ancora assai più in là, alla presa dell’Occidente.
Per sconfiggere Israele, pensano i terroristi, bisogna logorarlo, impaurirlo, dividerlo, esaurire le sue energie economiche e morali prima che militari: un piano di lunga portata di cui questa guerra, per loro, è solo una tappa. E la sconfitta di Israele è un passo essenziale per arrivare poi al dominio sull’Europa e sul mondo. Il pericolo principale da sconfiggere per loro è dunque la prospettiva di una pacifica e fruttuosa convivenza (la “normalizzazione”, come la chiamano) di Israele con i paesi islamici coinvolti nei cosiddetti “patti di Abramo”.
Per questo bisognava agire subito. Far saltare questa prospettiva di pace era lo scopo principale dell’attacco. Insieme alla dimostrazione della debolezza e vulnerabilità dello Stato ebraico. Il libro di Fiamma Nirenstein analizza la guerra scatenata da Hamas per conto dell’Iran con una profondità storica e una lucidità rara: da leggere e meditare.