Daniel Barenboim, nato nel 1942 a Buenos Aires da genitori ebrei ashkenaziti di origine russa, è uno dei più grandi pianisti e direttori d’orchestra del mondo. Al suo esordio come pianista, avvenuto a Vienna e a Roma nel 1952, sono seguiti concerti in tutta Europa e negli Stati Uniti, fino al debutto come direttore nel 1967 con la New Philarmonic Orchestra di Londra. Da allora, Barenboim è conteso dalle più grandi orchestre di ogni nazione. Ha diretto tra il 1975 e il 1989 l’Orchestre de Paris, ha portato il Don Giovanni di Mozart all’Edinburgh International Festival, nel 1981 si presenta per la prima volta al festival wagneriano di Bayreuth, nel 1991 dirige la Chicago Symphony Orchestra, nel 1992 assume l’incarico di direttore musicale generale della Deutsche Staatsoper di Berlino, e tuttora collabora assiduamente con la Berliner Philarmoniker e la Vienna Philarmonic. Detentore, tra l’altro, della cittadinanza israeliana, da alcuni anni porta avanti il progetto della West East Divan
Orchestra, un’orchestra di giovani musicisti ebrei ed arabi, con la quale egli vuole affermare il significato e la forza dell’arte nella costruzione dell’armonia e della simbiotica coesione tra culture. Nel 2001, Barenboim ha inoltre infranto il “tabù” di Wagner in Israele, presentando all’Israel Festival in Jerusalem il “Tristan und Isolde”, opera del celebre compositore tedesco, eseguito con la Berlin Staatskapelle.
Il libro di Daniel Barenboim, che ha registrato un grande successo al recente salone editoriale di Francoforte e successivamente tra i lettori spagnoli, è una “grammatica” che insegna, con un linguaggio accessibile a tutti, a comprendere ed amare la musica attraverso visioni inedite e non comuni. Secondo Barenboim, l’espressività della musica ha origine dal filo che lega le singole note, e ogni nota è consapevole di sé e dei propri confini così come dovrebbe essere ogni musicista all’interno di un’orchestra ed ogni individuo inserito in una società. Le singole note contribuiscono, ognuna a modo suo, a costruire la frase musicale, a creare la bellezza e l’armonia, ed è proprio grazie a ogni nota che il risultato finale sarà profondo, ricco e complesso, molto di più di una semplice somma delle parti.
Per Barenboim la musica parla di noi, della società, della politica, dell’essere umano. Al pari della vita, la musica è disciplina e passione, ordine e libertà: quegli stessi elementi che trasformano la quotidianità in un’esperienza intensa e meravigliosa. Il rapporto tra suono e silenzio, tra velocità e sostanza, tra essere e divenire, il concetto di tempo, di ritmo, la magia dell’ambiguità, sono solo alcuni dei punti di vista che il grande musicista utilizza nella sua scrittura per attrarre l’intelligenza e la curiosità del lettore: per scoprire come l’esperienza dell’ascolto di un brano musicale possa addirittura aiutarci ad accettare l’inevitabilità del destino ed a cambiare per sempre il corso degli eventi, e che il continuo fluire della vita è imprescindibile come la musica, non resta altro da fare se non lasciarsi condurre da Barenboim attraverso le pagine di questo libro. Al termine, un’appendice dove il maestro esprime le proprie opinioni su Mozart, Pierre Boulez, Edward Said, il conflitto tra Israele e Palestina e il ruolo fondamentale di Bach nella sua formazione di musicista, e di uomo.
La musica sveglia il tempo
di Daniel Barenboim
Feltrinelli, pp 204, euro 16
In libreria dal 29 novembre 2007