di Marina Gersony
Cyber-war, attacchi informatici, minacce nucleari “locali”… Le autocrazie dell’Est Europa e dell’Asia accerchiano un Occidente vecchio e stanco
A trent’anni dalla fine della Guerra fredda – data fatta coincidere per convenzione con la caduta del Muro di Berlino, 9 novembre 1989 – un’altra guerra si sta materializzando sempre più aggressiva sotto i nostri occhi. È una guerra più criptica e impalpabile rispetto al passato; una seconda guerra fredda contro l’Europa e l’Occidente, di cui subiamo il fascino e che al contempo ci spaventa; una guerra combattuta con metodi tecnologici e informatici sofisticati, dove diverse forme di autocrazia cercano di affermare la propria superiorità sfruttando ogni opzione disponibile, inclusa la comunicazione di massa. Una realtà non lontana dalle società distopiche ipotizzate da certe serie tivù di successo, dove la narrazione ruota intorno a generali che si sfidano davanti ai monitor di ultima generazione e ad attacchi informatici mirati a danneggiare l’infrastruttura di uno Stato nemico.
Fantapolitica? Suggestioni emotive? Pare di no. «Oggi l’Occidente che si impose nella Guerra Fredda è sotto assedio -, spiega Maurizio Molinari, direttore de La Stampa e grande esperto di Medioriente, nel suo ultimo libro Assedio all’Occidente. Leader, strategie e pericoli della seconda guerra fredda (La Nave di Teseo) -. Questo è per effetto della sfida convergente di cinque Paesi che pongono altrettante formidabili sfide». Sfide diverse da parte di Russia, Cina, Iran, Turchia e Nord Corea in una cyber-war sempre più minaccioso e segreto. «Ognuno di questi Paesi ha una sua strategia di penetrazione cibernetica – sintetizza l’autore -, sa identificare gli avversari, militari o civili, colpire, infiltrarsi al fine di carpire dati e informazioni e riuscire a perseguire i propri obbiettivi. Questo significa che la NATO ha bisogno di più difese, che gli Stati Uniti si stanno dotando di difesa cibernetica molto aggressiva e questo evidenzia che l’Unione Europea e l’Italia sono molto vulnerabili».
Cosa si deve dunque aspettare oggi un Occidente uscito vittorioso della prima Guerra Fredda, terminata con la vittoria e l’implosione del blocco sovietico? Un Occidente che oggi appare indebolito e ripiegato su se stesso in una sorta di comfort zone da cui dovrebbe trovare il coraggio di uscire? Esiste una linea difensiva? Se sì, quale? L’argomento è complesso, affascinante e se vogliamo turbativo. La riflessione dell’autore parte dal presupposto che l’epicentro dello scontro sia un’Europa colta di sorpresa sulle rovine della globalizzazione. Un’Europa impreparata e lacerata sotto vari aspetti, dove l’attuale Guerra Fredda – che non ha ancora una data di inizio ufficiale ma che già sta cambiando il mondo in cui viviamo – è strutturalmente diversa dalla prima: sono cambiati gli attori principali (non sono più due, bensì molteplici); gli scontri ad alto rischio non frontali, bensì asimmetrici); le armi (non più nucleari, bensì digitali, quindi più temibili). Armi che si traducono in ricatti strategici, ingerenze politiche e cyber-duelli. Dove anche gli Stati Uniti stanno perdendo il ruolo di gendarme del mondo mentre altri attori cercano di emergere in questo caos.
C’è la Russia di Putin che punta a ricostruire il proprio impero, il proprio spazio naturale di influenza e per riuscirvi vuole l’indebolimento dei paesi occidentali. C’è la Cina di Xi che vuole trasformare l’Europa – ma non solo – in un proprio grande mercato appendice della Grande Madre Patria dell’Impero di Mezzo. Entrambe mirano a far implodere NATO e UE, allontanando quanto più possibile gli Stati Uniti dai loro alleati. Poi c’è la sfida dell’Iran, l’egemonia in Medioriente, basata sull’aggressività della corsa all’atomica. E quindi la Turchia, alleata della NATO, una sfida che viene dall’interno dell’Alleanza atlantica, portatrice di un progetto neo ottomano, ovvero garantire alla Turchia una propria sfera di influenza in Medioriente fino all’Asia Centrale. Senza contare la corsa alla proliferazione atomica da parte della Corea del Nord, accompagnata da un’unità cibernetica di formidabile efficacia. L’Europa diventa così il campo di battaglia per queste sfide.
Un’Europa dai mille volti, dove i modelli politici alternativi, di stampo leaderistico, autocratico o autoritario fanno parte di un mosaico sovranista e populista che oggi rappresenta probabilmente la sfida più temibile e pericolosa. Senza dimenticare l’Italia, terra di frontiera, tra i più vivaci campi di battaglia e dove nemmeno il Papa è indenne da quanto sta avvenendo.
Difendersi e rafforzarsi è quindi il suggerimento dell’autore.
Gli Stati nazionali dell’UE hanno a disposizione diverse opportunità, una fra tutte la difesa della propria sovranità digitale. È un passaggio dal valore strategico, perché avere una governance digitale significa per le democrazie armonizzare la difesa dei diritti digitali dei cittadini e anche la loro difesa cibernetica. Conclude Molinari: «Le difese cibernetiche consistono nella produzione di propri brevetti tecnologici e della lotta al terrorismo, ma in realtà trattandosi di una sfida ibrida, trattandosi dell’intento di più Paesi di far implodere le nostre democrazie, la vera risposta che l’Occidente può dare è di rafforzarsi; di rafforzarsi dall’interno, rafforzare il rapporto delle proprie istituzioni e i propri cittadini. Da qui l’importanza dei nuovi diritti, diritti nei confronti delle diseguaglianze, diritti delle donne, diritti dei gay, diritti di chiunque si sente discriminato, diritti digitali.
La vera sfida che l’Occidente si trova ad affrontare è quella di rafforzare le proprie democrazie per rispondere quindi alle sfide di chi la vuole fare implodere dal di dentro».
Maurizio Molinari, Assedio all’Occidente. Leader, strategie e pericoli della seconda guerra fredda, La Nave di Teseo, pp. 238, euro 18,00