La religione ha davvero una storia: non è una categoria originaria del vivere umano

Libri

di Ugo Volli

[Scintille. Letture e riletture] Uno degli ostacoli principali alla comprensione della tradizione ebraica nel mondo contemporaneo è paradossalmente la nozione di religione. È un luogo comune, anzi a molti sembra un dato di fatto indiscutibile che l’ebraismo sia una religione, più o meno come lo sono le varie “confessioni” cristiane, l’Islam, perfino forme culturali molto lontane dall’Occidente come il buddhismo.

 

Tutte queste religioni sarebbero accomunate dall’essere “fedi” che riguardano le “cose ultime” o la “trascendenza”, sfere della vita totalmente distaccate dalla politica o dalla giurisprudenza, con un rapporto solo parziale col rito pubblico, non risolvendosi in attività pratiche o liturgiche, ma essendo puramente “spirituale”.

 

Che questa descrizione si applichi solo in parte all’identità ebraica, è ovvio a chi la conosca appena un po’. Alcuni hanno contrapposto polemicamente all’“ortodossia”, cioè alla “fede” del cristianesimo, l’“ortoprassi” dell’ebraismo, che si ridurrebbe all’obbligo di agire materialmente secondo certe regole, applicando le “mitzvot” o precetti. È un vecchio tema polemico che risale a Paolo di Tarso: la “fede” contro le “opere”, la legge che irrigidirebbe la vita e addirittura “ucciderebbe” chi ne è schiavo. Tesi decisamente discutibili e controbattute da sempre dai maestri ebraici.

Ma davvero ogni religione è solo “fede interiore” e tutto il resto è secondario? Si tratta di un fatto umano universale?
Un libro recente (Prima della religione. Storia di una categoria moderna, tradotto da Claudiana) di uno studioso norvegese, Brent Nongbri, smonta quest’idea sul piano storico e antropologico. Secondo Ngombri, “religione” è un termine errato se applicato alle tradizioni antiche, come nei culti dell’India o della Grecia, oltre che naturalmente dell’ebraismo. Esaminando un’ampia gamma di testi, Nongbri dimostra che nell’antichità non esisteva uno spazio sociale separato designato come “religioso” in contrapposizione a “secolare”. “Religione” è una descrizione moderna occidentale, dipendente da un modo di pensare affermatosi nell’Europa del XVI secolo, durante le guerre di religione; essa deriva dalle concezioni riformate, in polemica con la ritualità cattolica. Nongbri sostiene che da quel momento tutte le “religioni” passate e presenti furono ripensate o in certi casi (induismo, shintoismo, confucianesimo) addirittura concettualizzate ex novo come tali a partire da questa definizione. Ngombri propone una “storia del concetto di religione, accorpando i risultati di diversi ambiti di ricerca per mostrare, anzitutto, che la religione ha davvero una storia: non è 
una categoria originaria […]. L’idea della religione come una dimensione della vita separata dalla politica, dall’economia e dalla scienza è una evoluzione recente nella storia europea, che è stata proiettata lontano nello spazio e indietro nel tempo, con il risultato che ora la religione appare una parte naturale e necessaria del nostro mondo.”

Questa stessa operazione, aggiungiamo noi, durante i processi di emancipazione ma anche di assimilazione iniziati con la Rivoluzione francese, fu applicata all’ebraismo, che da forma di vita complessiva di un popolo in esilio fu ridefinito come “religione”.
Ma si tratta di un concetto limitato, che non aiuta a capire davvero che cosa significa essere ebrei.