Auschwitz-Birkenau

La Shoah e il limite dello sguardo

Libri

di Michael Soncin

Raccontare l’impossibile; mostrare tutto o lasciare che sia l’immaginazione a condurre più in profondità di quanto il visibile sappia fare? Letteratura, cinema, filosofia si interrogano

La consapevolezza di ciò che ha significato la Shoah nella storia del genere umano è un concetto che si spera sia stato raggiunto dalla maggior parte delle persone, poiché sullo sterminio è stato scritto e detto molto; ma forse così non è.
Viviamo in un’epoca di visibilità totale: il XXI secolo, pur essendo iniziato da non molto, è già il più saturo d’immagini della storia. Questa saturazione permette di vedere “di più” o finisce invece con l’offuscare il quadro generale?
Bisogna poi ricordare che, nella trasmissione delle informazioni, vi è, in alcuni casi, il rischio di incorrere nella semplificazione, che finisce molto spesso col fuorviare il significato di quanto si cerca di esprimere. Questo libro ha come oggetto proprio le condizioni di visibilità della Shoah, prende in esame le modalità con cui si è tentato di far “vedere” le nefandezze consumate nei campi di concentramento, e uno dei concetti affrontati riguarda principalmente la teoria dell’immagine, il raccontare il non visto, il sottile confine tra il visibile e il non visibile. Ha ragionato su questo tema anche il filosofo Alain Finkielkraut, parlando della Shoah, e ritiene che l’immagine, il far vedere, a volte possa occultare il senso più profondo della tragedia.
Nel suo saggio, Michele Guerra, professore di Teoria del Cinema all’Università degli Studi di Parma, espone il problema che vi è oggi nel visitare un memoriale, dove i visitatori sono invitati tramite cartelli a tenere un comportamento rispettoso e a non farsi i selfie, e per farlo chiama all’appello Yolocaust, il progetto di Shakah Shapira nato per far riflettere sulla banalizzazione della Shoah. Si cita poi La Notte di Elie Wiesel, definita da Guerra come “una delle più lucide riflessioni sul confine tra ciò che si può vedere e ciò che si è costretti a immaginare”, descrivendo il finale come “uno dei passaggi decisivi per provare a comprendere cosa possa significare il ‘non rendersi conto’ e il ‘non poter rendere conto’ riferendosi all’inferno di Auschwitz. E ancora Notte e Nebbia di Alain Resnais, Austerlitz di Sergei Loznitsa, fino alle idee sull’immagine di Claude Lanzmann.
Una interessante comparazione, insomma, delle differenti modalità di racconto, rappresentate in diversi periodi storici, che tentano di narrare l’inenarrabile.

Michele Guerra,
Il limite dello sguardo
Oltre i confini delle immagini,
Raffaello Cortina Editore,
pp. 150, euro 16,00