di Pietro Baragiola
Martedì 3 settembre, l’acclamato scrittore britannico Chris Heath ha pubblicato la prima edizione del suo nuovo libro No Road Leading Back: An Improbable Escape from the Nazis and the Tangled Way We Tell the Story of the Holocaust, un romanzo che fa luce sullo sterminio degli oltre 70.000 ebrei fucilati e sepolti nella foresta di Ponary, in Lituania, durante la Seconda Guerra Mondiale.
Questi massacri, iniziati nel luglio 1941, hanno dato il via al famoso “Olocausto delle pallottole”, una serie di fucilazioni di massa perpetrate dalla Germania nazista e dai suoi collaboratori nei territori sottratti alle forze sovietiche.
Solo pochi prigionieri sono riusciti a fuggire da Ponary ma, una volta tornati alla civiltà, i sopravvissuti sono stati ignorati e i loro racconti dimenticati dai libri di storia.
“Volevo conoscere i fatti e scoprire cosa fosse realmente successo” ha affermato Heath durante la sua intervista al The Times of Israel. “Sapevo che era mio dovere trovare i sopravvissuti e raccontare la loro storia.”
Il massacro di Ponary
Prima della Seconda Guerra Mondiale, la foresta di Ponary era nota per le sue scampagnate rilassanti e per i sentieri ricchi di bacche e funghi di tutti i tipi.
Nel 1940, le autorità sovietiche hanno scelto la foresta per scavarvi sei enormi fosse dove immagazzinare il carburante di emergenza ma, dopo l’ascesa del nazismo, queste aree sono state riutilizzate per seppellire gli ebrei di Vilnius.
I massacri sono iniziati nel 1941, poco prima della costruzione dei campi di sterminio nazisti di Treblinka, Belzèc e Sobibór.
Pur di sopravvivere, molti prigionieri ebrei si sono arruolati nel “Leichenkommando”, l’unità che, sotto gli ordini degli ufficiali delle SS, aveva il compito di dissotterrare i cadaveri e prepararli alla cremazione. Ogni traccia di ciò veniva poi accuratamente eliminata, mescolando le ceneri delle vittime con la sabbia e seppellendo il composto infiammabile affinché nessuno lo trovasse.
All’inizio del 1944 alcuni prigionieri, approfittando degli attimi di risposo e armati di semplici cucchiai, hanno iniziato a scavare un lungo tunnel di fuga, situato sotto le baracche nelle quali erano stati confinati dai nazisti.
Il 19 aprile 1944, dopo 3 mesi di duro lavoro, il tunnel è stato finalmente completato e 80 prigionieri hanno tentato la fuga. Solo 11 di loro sono sopravvissuti per assistere alla ritirata della Germania dalla Lituania, mentre tutti gli altri sono stati braccati e uccisi dalle SS.
Alla fine della guerra questi sopravvissuti hanno cercato di raccontare al mondo ciò che era successo, ma i loro racconti non sono mai stati presi seriamente in considerazione e, per molteplici ragioni, Ponary è stata esclusa dalla memoria dell’Olocausto fino al 1991, anno in cui il governo polacco vi ha eretto un monumento dedicato alle vittime ebree.
Nel 2016 gli archeologi del posto hanno finalmente confermato i racconti dei sopravvissuti, portando alla luce il tunnel di fuga lungo ben 35 metri che salvò loro la vita.
La ricerca di Chris Heath
Nelle 600 pagine del suo nuovo libro, Chris Heath lascia la parola ai sopravvissuti e ai testimoni oculari della vicenda.
“Ci sono parti del libro che sono troppo dolorose da leggere” ha spiegato Heath a The Times of Israel. “Anche se si pensa di conoscere il peggio dell’umanità, alcuni racconti mettono davvero in discussione questa idea.”
Heath vuole che i suoi lettori imparino e ricordino il ruolo importante che i collaborazionisti lituani hanno avuto nel sostenere l’occupazione nazista, dimostrando persino che molte delle esecuzioni avvenute nell’area non sono state perpetrate dalle unità tedesche delle SS ma dai soldati locali.
Nel suo libro, l’autore spiega infatti che le SS avevano dislocato solamente 1000 soldati tedeschi in Lituania, mentre nell’area sono stati rinvenuti più di 200 siti di uccisione di massa.
A Ponary, oggi considerato il più grande luogo di sterminio in Lituania, quasi tutti i massacri sono stati compiuti dal “Plotone speciale di Vilnius”, un’unità volontaria composta da 80 cittadini lituani. Le loro vittime includono oltre 70.000 ebrei, 2000 intellettuali polacchi e 8000 prigionieri di guerra asiatici.
I genocidi del luogo sono oggi argomento di indagine da parte della sezione di Danzica dell’Istituto polacco per la Memoria Nazionale.
“Il mio obiettivo era quello di scrivere una storia avvincente che la gente avrebbe avuto voglia di leggere ma non ero disposto a sacrificare nulla di ciò che era successo e nemmeno a santificare chi sapevo aver collaborato a queste vicende” ha spiegato Heath.
Lo scrittore continua le sue ricerche anche dopo la pubblicazione del libro e recentemente ha visitato il luogo di sepoltura di Lejzer Owsiejczyk, uno dei fuggitivi di Ponary.
“I nazisti non intendevano solo uccidere, ma anche cancellare il ricordo di coloro che avevano sterminato” ha raccontato Heath. “Se uno dei loro obiettivi chiave era quello di rendere invisibile il visibile, allora il nostro obiettivo è quello di fare esattamente il contrario: rendere visibile l’invisibile.”