di Leone Finzi
Non è una novità per nessuno che l’antigiudaismo sia diffuso fra i popoli musulmani anche grazie ai versetti del Corano così come, del resto, non è una novità che l’antigiudaismo cristiano abbia nei Padri della Chiesa, i suoi antichi progenitori.
Non può dunque sorprendere che il nazismo abbia trovato un facile terreno alla diffusione delle teorie antisemite presso i popoli cristiani dell’Europa e quelli musulmani del Nordafrica e del Medio Oriente. Erano in fondo due campi arati da secoli di prediche e sermoni di sapore antigiudaico. E proprio su quel terreno fece leva il nazismo per diffondere il novello verbo antisemita grazie ad una capillare propaganda diffusa ininterrottamente dagli anni Trenta fino al 1945. Il puntuale e interessante saggio di Jeffrey Herf Propaganda nazista per il mondo arabo (Altana editore, euro 20,00), prende in esame un particolare e piuttosto inedito segmento di questa propaganda, ovvero quella diffusa tra le popolazioni musulmane del Mediterraneo. Come illustra dettagliatamente Herf, quasi con passo cronachistico, i nazisti diffusero il seme dell’odio antiebraico attraverso una potente e prolungata propaganda diffusa con mezzi tradizionali come la pubblicistica e i volantini ma anche e soprattutto attraverso un mezzo moderno ed efficace tra popolazioni il cui tasso di analfabetismo era particolarmente alto, ovvero con le trasmissioni radio. Gli insulti, le offese, le menzogne che quotidianamente per ore e ore venivano trasmesse dall’emittente Voce dell’Arabia, piuttosto che da Radio Berlino in lingua araba, sono riportati nel dettaglio -con una precisione ed una insistenza da risultare persino fastidiosi ed urtanti-.
I fatti nudi e crudi, in sequenza compilativa, questo ci dà il saggio di Herf. Un deficit interpretativo? Forse. Una scelta di asciuttezza? Il voler lasciar parlare le fonti storiche senza una parola in più, un commento? Probabilmente. Ma è in questo carattere di riproduzione fedele della fonte, senza un’analisi o una riflessione che vada oltre le osservazioni più scontate, che sta la debolezza di questo volume, pregevole senz’altro invece per la ricostruzione storica e la ricchezza dei materiali. Senza quel battage oggi dimenticato, senza quel sostrato di menzogne, sarebbero oggi incomprensibili l’odio e la volontà di annientamento che le masse arabe coltivano verso gli ebrei e che, erroneamente, oggi gli europei riconducono alla sola esistenza dello Stato di Israele o alla questione palestinese. Senza quelle infamie, non sarebbe avvenuto nel dopo guerra, l’esodo silenzioso di un milione di ebrei in fuga dai Paesi arabi, senza che mai nessuno, alzasse un dito o dicesse alcunchè, perchè ritenuto normale, anzi legittimo.
I contenuti del libro di Herf, ovvero le ripetute nefandezza naziste sugli ebrei, sono cosa nota e soprattutto mai diversa. La metà delle citazioni sarebbero bastate a fornire un quadro chiaro del linguaggio, delle espressioni, delle metafore, delle menzogne che i nazisti utilizzarono per muovere i popoli all’odio verso gli ebrei.
Un approfondimento e un’analisi più precisa del contesto culturale, prima ancora che storico, su cui questa propaganda andò a rovesciarsi, avrebbe evitato ad Herf di fornire a curiosi e antisemiti di ritorno, un catalago pronto all’uso di espressioni e frasi fatte antisemite da postare su Facebook.