Ludwig Guttmann, inventore dei Giochi Paralimpici

Il cuore oltre l’ostacolo: storia di Ludwig Guttmann, l’inventore dei Giochi Paralimpici

Libri

di Ilaria Myr
“La disgrazia patita è la molla che li spingerà a ricostruirsi. Sente il loro il desiderio di riscatto, la voglia di mettersi in gioco e competere. Coglie anche l’amicizia profonda che li lega. Una sola parola può racchiudere tutto questo, si chiama sport”. In queste poche frasi è sintetizzata la genialità di colui che portò alla creazione delle Paralimpiadi: l’ebreo tedesco Ludwig Guttmann, neurologo, che dall’osservazione in ospedale dei malati con lesioni spinali – all’epoca lasciati a letto immobili, senza alcuna fisioterapia e stimolo – avvia una rivoluzione che avrebbe cambiato per sempre l’approccio alla paraplegia. La sua storia è raccontata in modo coinvolgente da Roberto Riccardi nel recente libro Un cuore da campione. Storia di Ludwig Guttmann inventore delle Paralimpiadi, edito da Giuntina. Una bella storia, da ricordare a pochi giorni dall’inizio delle Olimpiadi 2021 e a poco più di un mese dai Giochi Paralimpici, che quest’anno si terranno a Tokyo dal 24 agosto al 5 settembre.

Il doodle dedicato a Ludwig Guttmann da Google il 3 luglio
Il doodle dedicato a Ludwig Guttmann da Google il 3 luglio 2021

I primi contatti con la sofferenza umana

Ludwig nasce  nel 1899 nell’Alta Slesia, nel lembo polacco soggetto alla Prussia, da genitori ebrei fedeli alla patria (il padre Bernhard  si arruolerà, nonostante non sia più giovane, e servirà l’esercito nella Grande Guerra). Cresce felice, anche se i sentimenti antisemiti si acuiscono nei giovani tedeschi e anche lui ne fa le spese. È durante la Grande Guerra che da volontario nei Servizi medici di Emergenza nazionale, viene a contatto con la sofferenza umana e il declino delle persone paraplegiche lasciate spegnersi dalla medicina dell’epoca.
Sulla propria pelle, poi, vive la discriminazione dell’essere invalido temporaneamente, a causa di una operazione che ha dovuto subire al collo.

Cover dle libro 'Un cuore da Campione'

Dopo la Guerra entra a medicina a Breslavia e da lì inizia il suo percorso, che lo porta a diventare un neurologo di fama in tutta Europa. Ma l’avvento del nazismo e le persecuzioni antisemite colpiscono anche i professionisti come lui: e dopo alcuni anni in cui resiste a testa alta a vessazioni e prevaricazioni delle SS, nel 1939 riesce grazie alla sua fama internazionale a rifugiarsi con la sua famiglia in Inghilterra, dove metterà in pratica tutto ciò che ha maturato dentro di sé in questi difficili anni, prima fra tutto la sensibilità verso l’aspetto umano del malato.

Lo sport come cura della paraplegia

È a Stoke Mandeville, un villaggio di meno di 1000 anime a 50 miglia da Londra crea il Centro nazionale di ricerca sulle lesioni al midollo spinale. “Si insedia nell’ospedale e resta inorridito – racconta il libro di Riccardi -. I suoi paraplegici, in gran parte militari feriti nel conflitto, sono stesi nei letti e fortemente sedati. Hanno circa vent’anni, ma in base alla concezione medica corrente, poiché non è pensabile che tornino a camminare, non resta che alleviarne il dolore finché un pietoso epilogo nona avvenga”.

Alcuni partecipanti paraplegici dei giochi di Stoke Mandeville creati da Gutmann
Alcuni partecipanti paraplegici dei giochi di Stoke Mandeville creati da Gutmann

 

Ma Ludwig non ci sta: per alleviare le piaghe da decubito, che devastano i malati, dispone che vengano cambiati di posizione, da prona a supina, ogni due ore, sostituisce i letti in gesso, che provocano abrasioni sulla pelle, e si rifiuta di imbottirli di farmaci. “Si intrattiene con loro, ha la pazienza di ascoltarli, si sforza di comprenderli intimamente”. E poi, comincia ad aiutarli a superare i propri limiti: li mette seduti e comincia a farli gioca re a palla. Ma all’inizio lo scetticismo è tanto. “Quei pazienti sono degli storpi, dei moribondi. Te ne sei reso conto? Chi credi che siano?”, gli dicono i critici. “Loro sono il meglio degli uomini!” risponde lui con rabbia: una risposta, questa passata alla storia, da cui è stato tratto il film ‘The best of men’ prodotto nel 2012 dalla BBC.

Dalla palla alle frecce, ai birilli al tiro con l’arco, ping pong, biliardo e basket in carrozzina: la fisioterapia dell’ospedale di Stoke Mandeville guidato da Guttmann si arricchisce di discipline, e accresce la fama dell’ospedale.

Gli atleti paralimpici alla prima edizione dei Giochi Paralimpici a Roma nel 1960
Gli atleti paralimpici alla prima edizione dei Giochi Paralimpici a Roma nel 1960

Da piccole Olimpiadi “parallele” a veri Giochi Olimpici

È però nel 1948 che arriva la svolta: è l’anno delle Olimpiadi a Londra, le prime dopo la guerra (quelle precedenti erano state a Monaco, sotto un trionfante Hitler). Guttmann organizza a Stoke Mandeville una piccola competizione di tiro con l’arco. “Così, mentre nella capitale sfilano a migliaia i maggiori atleti del pianeta, a 60 km il dottor Guttmann schiera nel cortile di un piccolo ospedale 14 uomini e due donne. Sono i pionieri di una nuova era umana e scientifica”.

Dal 1952, organizza i cosiddetti Giochi di Stoke Mandeville per persone con disabilità, cresciuti nel tempo fino ad avere oltre 130 partecipanti stranieri, cosa che impressionò l’opinione pubblica internazionale e i dirigenti del movimento olimpico.

Nel 1956 Guttmann viene onorato con la Coppa Fearnley, riconoscimento creato per premiare chi si distingue nel contribuire all’espansione degli ideali olimpici. In seguito a questi successi decise, su proposta e assieme all’italiano Antonio Maglio, di portare i giochi a Roma nel 1960, poi riconosciuto come I giochi paralimpici, manifestazione che continua tutt’oggi con crescente successo.

A concludere il libro, un’interessante intervista a Bebe Vio, campionessa paralimpica di scherma, esempio eloquente della tenacia e della forza delle persone a cui Guttmann, all’epoca, restituì la dignità che meritano.

Roberto Riccardi, Un cuore da campione, Giuntin, pagg. 176, 15 euro