di Ugo Volli
[Scintille. Letture e riletture] Una celebre battuta attribuita a David Ben Gurion diceva che in Israele per essere realista devi credere nei miracoli. E in effetti la prosperità di uno Stato circondato da nemici mortali fin da prima della sua fondazione, la rinascita di una lingua che nessuno usava più per la vita quotidiana da millenni, la ricchezza della vita democratica in una regione di sanguinose dittature, il fiorire di una terra da millenni desertificata, le vittorie in guerre contro forze ben più numerose, la salvezza di un popolo perseguitato da millenni, insomma ogni aspetto della vita di Israele ha qualcosa di miracoloso, o almeno appare come un’irruzione mitica nelle vicende del mondo moderno.
Fra gli aspetti del mito cui credono i sostenitori ma anche i nemici dello Stato ebraico vi è la straordinaria efficienza del suo servizio di informazioni, che spesso viene riassunto nel nome di uno delle sue branche, il Mossad (che significa semplicemente “l’istituto”). In effetti il lavoro del Mossad e degli altri servizi di informazione israeliani è stato fondamentale, durante le guerre e il terrorismo che Israele ha dovuto affrontare, e anche per prevenirne altri scoppi. Ma, com’è ovvio, vi sono stati anche fallimenti, sconfitte e perdite dolorose. I miracoli, nel nostro mondo quotidiano, richiedono soprattutto lavoro, pazienza, perseveranza, disponibilità ad affrontare il pericolo e a subirne le conseguenze.
Come operi davvero il servizio segreto israeliano, quali siano le sue procedure e la sua organizzazione interna è naturalmente ignoto a chi non vi fa parte. E però è possibile immaginarlo. È quel che ha fatto Michael Sfaradi, giornalista e corrispondente di guerra israeliano di origini italiane, che da qualche anno ha aperto un fortunato filone di spy-stories dedicati al lavoro delle agenzie di sicurezza e delle forze armate israeliane.
Dopo Mossad. Una notte a Teheran del 2020, dedicato all’impresa di recuperare dal suo deposito segreto un grande archivio dedicato al progetto nucleare dell’Iran, che Benjamin Netanyahu il 30 aprile 2018 fece vedere in una conferenza stampa e che poi usò nel suo appello all’Onu contro la tolleranza della comunità internazionale per l’armamento atomico dell’Iran, qualche mese fa è uscito Operazione fuori dagli schemi (entrambi i libri sono pubblicati dalla Nave di Teseo).
Vi si racconta una doppia operazione: quella del Mossad che nell’ottobre del 2005 riuscì ad avere notizia e poi a trovare le prove del tentativo del regime di Assad di costruire un reattore nucleare con cui procurarsi l’arma atomica e poi quella dell’aeronautica israeliana che lo distrusse con un’incursione precisissima e molto audace: un tema di particolare attualità, perché un’operazione del genere, ma molto più complessa e difficile, potrebbe essere tentata prima o poi contro l’apparato di armamento nucleare dell’Iran, assai più ramificato e protetto. Naturalmente quelli di Sfaradi sono romanzi, fra l’altro molto ben scritti e avvincenti, con personaggi ben delineati, tensioni emotive fra loro, scene private sicuramente di fantasia, che si fanno seguire con molta partecipazione. Ma questa cornice narrativa è basata su una conoscenza assai precisa da parte dell’autore del contesto politico e del funzionamento generale dell’apparato militare di Israele. Senza tradire nessun segreto, dunque, e regalandoci il piacere di una suspance molto efficace. Sfaradi ci lascia capire anche quali sono i dilemmi, i problemi, gli ostacoli che i responsabili della sicurezza di Israele devono superare per garantire al paese la sua tranquillità.