Nei reportage di Albert Londres, gli echi di un mondo perduto

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di Nathan Greppi
Quando, nel 1929, vi furono duri scontri nella Palestina sotto il Mandato Britannico tra le popolazioni ebraica e araba che causarono centinaia di morti e feriti da entrambe le parti, il giornalista e scrittore francese Albert Londres (1884 – 1932) aveva giù intuito prima di molti suoi contemporanei il violento conflitto che sarebbe sorto per il controllo di quelle terre.

Nell’ottobre 1929, Londres pubblicò sul giornale parigino Le Petit Parisien ventisette reportage che partendo da Londra lo avevano portato a visitare le comunità ebraiche in Russia, Romania e Polonia per arrivare infine in Palestina, alla scoperta di un mondo sfaccettato spesso vittima della povertà e delle persecuzioni. In seguito, i reportage sono stati raccolti in un unico volume, intitolato L’Ebreo errante è arrivato e recentemente ripubblicato in una nuova edizione italiana.

Nel raccontare i suoi viaggi e i suoi incontri con gli ebrei di varie nazioni, Londres riesce a tratteggiare i sentimenti predominanti nel mondo ebraico dell’epoca: c’erano gli ebrei inglesi, orgogliosi di vivere in Inghilterra e che cercavano di integrarsi memori delle persecuzioni subite in Russia dai loro avi; c’erano quelli rimasti nell’Europa dell’Est, che malvedevano la crescente assimilazione dei loro correligionari in Occidente. Non a caso, a volte si poneva una distinzione tra gli ebrei e gli “israeliti”: se i primi si consideravano tutti parte dello stesso popolo, i secondi invece consideravano quella ebraica “solo” una religione.

Non mancano poi i riferimenti ai rapporti con il movimento sionista, soprattutto alla luce della dichiarazione di Lord Balfour di una decina d’anni prima per gettare le fondamenta di uno Stato-nazione per il popolo ebraico; al sostegno da parte di alcuni intellettuali e attivisti, convinti che fosse la soluzione migliore per porre fine alle persecuzioni antiebraiche in Europa, faceva da contraltare l’opposizione di molti rabbini, convinti che il ritorno nella Terra Promessa dovesse avvenire solo quando sarebbe arrivato il Messia. E gli stessi sionisti, a loro volta, erano diversi tra loro, divisi tra chi era emigrato in Palestina senza voler tornare indietro e chi, pur non volendo emigrare, si dichiarava solidale con chi lo faceva.

L’inclinazione ad emigrare per coronare il sogno di Theodor Herzl era più forte nell’Europa orientale che nell’Europa occidentale, poiché nel primo caso la popolazione ebraica era molto più soggetta a soprusi e violenze, spesso sobillate dalle autorità. Purtroppo, già allora vi erano rapporti conflittuali tra gli abitanti arabi dell’area e i nuovi arrivati.

Nelle interviste e nei racconti di Londres, riemerge uno spaccato di umanità in grado di toccare nel profondo il lettore, il quale si ritrova quasi a viaggiare a fianco dell’autore in un mondo che oggi non esiste più.

 

Albert Londres, L’Ebreo errante è arrivato, traduzione di Pierfranco Minsenti, Lindau, pp. 240, 18,50 €.