di Paolo Castellano
Il nuovo saggio di Claudio Vercelli coglie tutte le sfumature di movimenti e ideologie che sembrano sopravvivere anche alla Storia
Indagare sui fenomeni politici richiede sforzo, spirito di osservazione e senso di realtà. Tre elementi che saltano immediatamente all’occhio di un attento lettore che sfogli l’ultimo saggio di Claudio Vercelli, storico e collaboratore di Bet Magazine/Mosaico, in cui si elabora un identikit del neofascismo italiano ed europeo.
Il volume in questione è Neofascismo in grigio. La destra radicale tra l’Italia e l’Europa (Einaudi) che da poche settimane è arrivato tra gli scaffali delle librerie. Per non cadere in cliché triti e ritriti, Vercelli compie una rigorosa indagine storica e sociale per illustrare al lettore le novità e gli elementi comuni e divergenti tra fascismo e neofascismo. Seguendo il riferimento al termine astoriologia coniato dallo storico Emilio Gentile, sarebbe un errore creare una stretta analogia tra passato e presente. Dunque, per capire i meccanismi della destra radicale odierna occorre in primis osservare i suoi comportamenti: i luoghi che presidia, l’ideologia, i militanti e il linguaggio che utilizza.
Sicuramente, i neofascisti hanno accolto l’eredità antisemita dei precursori. Come spiega Vercelli, il Web è il terreno più fertile per la propaganda anti-ebraica a causa delle larghe maglie dello strumento che può ramificarsi attraverso social network, siti, forum e applicazioni di messaggistica. «L’immaginario antisemitico è comunque qui egregiamente all’opera. Funziona, dinanzi alle interdizioni al pronunciamento pubblico contro gli ebrei intervenute dopo la Seconda guerra mondiale, attraverso una serie di traslazioni allusive, che ricollegano finanza a complotto», scrive l’autore. Un pregiudizio antisemita emerge anche nel discorso su Israele: «Ci si dichiara filosemiti ma al medesimo tempo antisionisti, senza spiegare cosa si intenda con il rifiuto radicale di quella cultura politica contemporanea». Insomma, quando l’estrema destra elogia lo Stato d’Israele non rinuncia al corredo di stereotipi sull’ebraismo. «Nell’escatologia antiebraica di parte della destra radicale, nominare il sionismo ha una valenza quasi magica e, quindi taumaturgica. Permette di non chiamare direttamente in causa gli ebrei – subendo altrimenti le sanzioni civili e le interdizioni politiche che si accompagnano all’aperta professione di fede antisemitica – tuttavia evocandone il potere di corruzione sia morale che sociale». Per di più, i fascisti di oggi denunciano gli effetti di una globalizzazione che vuole sradicare l’identità del popolo, affamandolo e riducendolo all’impotenza. La lettura neofascista dei fenomeni socio-economici odierni risulta alquanto semplificata e sfrutta certamente la crisi delle democrazie liberali e sociali, proiettando lo sguardo, in modo ossessivo, al passato. Come è possibile che un’ideologia creatasi negli anni Venti sia stata adottata da alcuni gruppi della destra radicale italiana ed europea? Sempre citando Gentile, «Il fascismo è diventato così elastico e multiforme da poter essere applicato alle più diverse realtà storiche, sociali, culturali, religiose e geografiche». Dunque, una delle caratteristiche del neofascismo è questa sua capacità camaleontica e per raccontarla è richiesta un’osservazione attenta nel contesto attuale senza la pretesa di una storicizzazione superficiale.
Il saggio di Vercelli coglie appieno le innumerevoli sfumature dei neofascismi ed espone le sue argomentazioni con chiarezza e onestà intellettuale. Perché si dovrebbe optare per una simile lettura? Innanzitutto per prendere confidenza con le nuove mutazioni del neofascismo che grazie alla Rete e allo scoppio della pandemia da Covid-19 hanno intercettato il disagio e le inquietudini di persone in difficoltà nell’approcciarsi alla complessità del mondo. E poi, per comprendere meglio una parte di storia italiana che deve far i conti con le nuove spinte populiste e sovraniste. Tutto ciò si basa tuttavia sulla convinzione che “la storia non si ripete” e che probabilmente “il fascismo è qualcosa che non se n’è mai andato dall’Italia e dall’Europa”.