Una raccolta di Einaudi.
Forse più delle altre arti, la poesia è la voce interna di un popolo, il mezzo con cui emergono alla coscienza collettiva non solo le posizioni culturali e politiche esplicite, ma anche le forze interiori, i sogni, le pulsioni, i temi vivi di interesse. Per questo la ricca antologia che la prestigiosa “collana bianca” di poesia dell’Einaudi ha dedicato ai Poeti israeliani contemporanei, con la cura e la traduzione di Ariel Rathaus, può essere letta non solo come un’interessante esplorazione letteraria ma anche come un sondaggio nell’anima israeliana dei nostri giorni.
Cominciamo dall’aspetto letterario. Chi in Italia conosce un po’ l’ebraico tende a separarne l’uso fra i testi della nostra tradizione religiosa, che spesso sono di altissima poesia (non solo i salmi, ma anche certi brani di Torah come per esempio il cantico del mare, e le poesie liturgiche che si leggono in moltissime diverse occasioni) e il suo uso veicolare come lingua quotidiana nelle relazioni con Israele e gli ebrei del mondo. Sappiamo tutti che c’è una grande letteratura ebraica contemporanea, ma credo che la maggior parte di noi la legga in traduzione, forse per non fare troppa fatica, ma soprattutto per capire di più e godere meglio il racconto.
Se però la prosa si può tradurre spesso senza grandi perdite, la poesia è un’altra cosa: il gusto materiale della lingua, il piacere dei suoni, l’eco di parole precedenti non si possono riportare facilmente, anche in una traduzione limpida ed efficace come quella di Rathaus. Per fortuna però l’antologia einaudiana ha un testo ebraico a fronte, pure arricchito dalla punteggiatura. E dunque chiunque conosca un po’ l’ebraico e lo ami può godere l’intensità sintetica della nostra lingua, la sua naturale capacità metaforica, gli echi della tradizione, ma anche il suo carattere diretto, immediato, la forza di esporre parole/cose. Ognuno dei diciotto poeti raccolti ha un modo diverso di usare queste caratteristiche, dalla forza scabra delle descrizioni di Israel Pinkas al sarcasmo surreale di Admiel Kosman alla lirica dello squallore di Shimon Adaf allo stile solenna di Yehuda Amichai, dai cataloghi minuziosi di Maya Bejarano alla sensibilità femminile estrema di Rachel Chalfi. Ognuno di questi autori meriterebbe una lettura individuale, l’immersione nel suo mondo linguistico, l’analisi nei suoi riferimenti alla tradizione letteraria ebraica e alle altre letterature. Tutti, se seguiti da vicino, restituiscono al lettore un piacere individuale, il gusto di una voce assolutamente individuale e non stereotipa. Non è possibile farlo qui, naturalmente; ma si tratta di un gioco eccitante a nascondino, dentro e fuori dalla lingua, dalle storie, dalle biografie.
L’altro livello è quello della rappresentazione collettiva dell’anima attuale di Israele, cui accennavo all’inizio. Come spiega Rathaus nella sua preziosa introduzione, questi poeti contemporanei vanno considerati in tensione dialettica con il “realismo sionista” delle prime generazioni poetiche israeliane. Non vi troveremo dunque l’epica nazionale, la fierezza della costruzione dello Stato, il senso della libertà conquistata, ma piuttosto la complessità della vita e della coscienza israeliana contemporanea, che troviamo rifratta in tutti i suoi segmenti nei diversi autori dell’antologia – con la sola rilevante eccezione di quel pezzo minoritario ma significativo di Israele che si identifica esclusivamente nella dimensione religiosa e che molto probabilmente non si interessa alla poesia.
In questi autori si incrociano invece sentimenti laici, anche se spesso espressi in termini che hanno riferimenti alla Scrittura: amarezza e frenesia, amore della terra e ripiegamento sull’interiorità, lutto per le guerre e sensualità, speranza di futuro e disincanto, voglia di normalità, dissenso e lutto per la Shoah o per le guerre, noia e depressione e gioco e piacere per la vita e nostalgia e amore: tutta una tastiera morale che rispecchia la straordinaria complessità e il carattere eccezionalmente normale della società israeliana. Per chi coltiva un’immagine romantica o solo eroica del popolo ebraico non mancheranno delle delusioni; ma chi conosce e ama il mosaico israeliano, il suo testardo attaccamento alla vita, l’individualismo e la spregiudicatezza, l’onestà e la libertà di vita del popolo israeliano, anche questi spigoli saranno ragione di interesse e di piacere.
Poeti israeliani, a cura di Ariel Rathaus, Einaudi, Torino 2007, pp. 386, 18,50