Primo Levi a fumetti racconta la sua Shoah

Libri

di Paolo Castellano

Primo-Levi_Interni_BOZZA-03

Primo Levi negli ultimi anni è diventato uno degli autori più letti a livello internazionale e si è affrancato dall’etichetta di autore scolastico della Memoria entrando finalmente nel vasto pantheon dei grandi scrittori italiani. Il dibattito sul suo stile letterario tuttavia è ancora aperto, come è dimostrato dall’ultima pubblicazione di Marco Belpoliti con il suo Primo Levi di fronte e di profilo (Guanda). Lo scrittore torinese non è unicamente oggetto di studio di saggi e corsi universitari, ma ultimamente anche protagonista di graphic novel.

Dalla primavera del 2017 è possibile trovare in libreria un indovinato fumetto intitolato Primo Levi edito dalla casa editrice Becco Giallo. Il volume è stato creato da Matteo Mastragostino, sceneggiatore e giornalista, e Alessandro Ranghiasci, disegnatore 26enne laureato in archeologia. Per entrambi, Primo Levi è il loro lavoro d’esordio.
La graphic novel, composta da tavole di disegni in bianco e nero, si apre con un anziano Primo Levi che traccia su una lavagna il numero 174517. «Da bambino amavo molto i numeri, ma non potevo immaginare che ne avrei portati 6 sul braccio per tutta la vita», queste le parole dell’autore torinese proferite davanti a un’irrequieta classe di bambini della scuola elementare Rignon di Torino: la stessa struttura scolastica che Levi frequentò da ragazzino e che venne rasa al suolo durante gli anni della Seconda guerra mondiale. Lo sceneggiatore usa l’espediente della testimonianza dei sopravvissuti per ripercorrere gli anni salienti della biografia di Primo Levi. Inoltre Alessandro Ranghiasci, all’esordio come disegnatore, riesce con abilità a rappresentare l’angoscia dei deportati nei campi di concentramento con un tratto del disegno instabile e incerto, come a esprimere lo stato d’animo di paura prodotto dalla reclusione nel lager di Auschwitz.

 

Nelle note al volume, Mastragostino spiega perché abbia scelto di scrivere una graphic novel su Primo Levi: «Primo Levi ha scritto tanto e ha raccontato ancor di più. La mia idea era quella di costruire un racconto che potesse parlare degli anni del fascismo, della persecuzione e dell’orrore di Auschwitz – chiarisce Mastragostino –. Così, ho scelto di raccontare il Primo Levi che avrei potuto incontrare poco prima della sua morte».
Come ha spiegato bene lo scrittore Marco Belpoliti durante un incontro della prima edizione di Tempo di Libri, in questi anni sta emergendo la grandezza di Primo Levi scrittore e non più soltanto come testimone della Shoah. «Ritengo che ci sia una sorta di timore nel dire che Levi raccontò i fatti della deportazione in modo letterario – ha spiegato -: nella sua scrittura c’è infatti una complessità letteraria che sovrasta il contenuto testimoniale».

La graphic novel pubblicata da Becco Giallo però pone giustamente l’accento sul valore della testimonianza e sulla grande umiltà di Primo Levi, che come ha scritto recentemente il direttore dei media della Comunità Ebraica di Milano Fiona Diwan, “si è seduto al margine” con la convinzione che le vie della memoria fossero le basi per il futuro delle nuove generazioni. Nel fumetto, il personaggio della maestra pone una domanda allo scrittore torinese chiedendogli se l’orrore da lui sperimentato possa un giorno tornare, ombra nera di un futuro prossimo. Nella graphic-novel Primo Levi risponde che le vittime della Shoah non possono essere degli indovini, ma che un aspetto della nostra realtà rimane invariabilmente e irrimediabilmente immutato: «La guerra non è mai finita. La guerra è per sempre».
Ma l’opera di Matteo Mastragostino non è l’unica graphic novel ispirata allo scrittore torinese. Già nel 2013 era stata pubblicata quella di Pietro Scarnera, Una stella tranquilla. Ritratto sentimentale di Primo Levi (Comma 22). Va qui in scena un confronto tra generazioni, quella di Levi e quella dei suoi ideali “nipoti”. Un racconto per immagini che ripercorre l’itinerario dello scrittore, da Se questo è un uomo a I sommersi e i salvati, fermandosi un attimo prima di quella mattina dell’aprile 1987 in cui Levi si tolse la vita. Prefazione di Marco Belpoliti.