di Roberto Zadik
Per molti Primo Levi è un pilastro letterario ebraico e europeo di primaria grandezza, ma la vita e la personalità di questo grande chimico e scrittore, fra i primi e più lucidi testimoni della tragedia della Shoah è ancora oggi avvolta nel mistero. Nonostante la grande fama di capolavori come Se questo è un uomo, il suo libro più famoso ma anche di La tregua divenuto un bel film diretto da Francesco Rosi e interpretato da un intenso John Turturro e di altri libri, poco si sa della sua personalità e dei tormenti che lo portarono, a 68 anni, a precipitare dalle scale della sua casa torinese, l’11 aprile di 30 anni fa, nel 1987. Fu disperazione o forse un malore?
Che tipo era Primo Levi? A chiarire ogni dubbio sulla natura del riservato e enigmatico letterato ebreo laico torinese, elegante e sobrio, sempre misurato nei toni e negli accenti malgrado il dolore della esperienza nel lager, ci pensa il voluminoso saggio biografico Primo Levi-Una vita del giornalista inglese Ian Thomson (Utet, pp. 818, 35 euro). Appassionato di grandi autori italiani, da Calvino a due giganti letterari di origine ebraica come Alberto Moravia e Natalia Levi Ginzburg, Thomson decise nel 1986 di incontrare personalmente Primo Levi. Passarono pochi mesi prima della sua tragica scomparsa, ma il cronista e biografo riuscì nella sua impresa. Realizzando un’opera meticolosa e appassionata piena di particolari inediti, uscita il 21 novembre; contiene oltre 300 interviste ad amici, conoscenti e colleghi.
Ne deriva un ritratto intimo e decisamente accurato dove emerge un personaggio complesso, ma anche dai modi semplici e cordiali, molto riservato e a volte ombroso ma capace di sorprendere con momenti di inaspettata esuberanza e curioso di tutto, dall’alpinismo, alla letteratura, dallo sport al pensiero. E da quando andò in pensione dal suo lavoro di chimico nel 1975, Levi si dedicò alla scrittura come passione centrale della sua intensa esistenza. Accolto con grande entusiasmo dalla stampa internazionale – il New Yorker ha recensito trionfalmente il testo come “ogni pagina riserva delle sorprese” – mentre altri critici del New York Times mettono in luce la discrezione e il rispetto con cui Thomson ha trattato lo scrittore, “una discrezione che lascia di stucco”. Uscito nell’edizione originale inglese nel 2002, il testo è stato definito da The Guardian come “uno dei migliori libri biografici dell’anno, raccogliendo foto, manoscritti e frammenti di quanto egli scriveva fin dalle scuole elementari”. Come ha specificato un bell’articolo su Il Foglio uscito lo scorso 13 dicembre, questa “non è solo un libro su Levi ma su questo strano centauro mezzo chimico e mezzo scrittore e sulla sua solitudine e la sua marginalità nel dibattito letterario rispetto a Calvino, Moravia e Pasolini. In queste pagine c’è discrezione e cura e sobrietà che, prima di tutto avrebbe convinto Primo Levi”.
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