di Cyril Aslanov
[Ebraica. Letteratura come vita]
Nel 2016 un romanziere ebreo americano chiamato Jonathan Safran Foer pubblicò all’età di 39 anni una distopia terribile intitolata Here I am. Il libro venne tradotto lo stesso anno da Irene Abigail Piccinini con il titolo Eccomi (Guanda). In questo romanzo si intrecciano la storia tormentata e complessa di una famiglia ebrea americana e il destino dello Stato di Israele dove uno dei protagonisti deve festeggiare il suo Bar Mitzvà. La storia famigliare prende delle proporzioni apocalittiche quando un sisma di magnitudo eccezionale nel fondo del Mar Morto (un luogo eminentemente sismico) si ripercuote attraverso tutto il Medio Oriente, provocando un afflusso massiccio di profughi venuti dai paesi arabi dove le loro case non hanno le strutture antisismiche delle case israeliane (si pensi alla tragedia accaduta quasi due mesi fa nei paesini sfortunati dell’Alto Atlante).
Il terremoto geologico diventa dunque un sisma geopolitico che scatena una serie di reazioni sempre più catastrofiche. Il Monte del Tempio, che per gli arabi musulmani si chiama la Spianata delle Moschee, viene occupato da un gruppo di nazionalisti religiosi ebrei (il libro è stato scritto quando nessuno ancora sapeva chi fosse Itamar Ben-Gvir!). Quest’occupazione provoca una sacra alleanza di tutti i musulmani del mondo al di là delle loro divergenze e delle loro lotte intestine. Il risultato di questo tsunami geostrategico è una minaccia esistenziale per lo Stato di Israele.
In questo libro si esprimono angosce che hanno periodicamente tormentato sia gli israeliani sia gli ebrei della Diaspora, traumatizzati dal ricordo della Shoah e preoccupati dal fatto che Israele era stato dall’inizio della sua esistenza il bersaglio dell’odio anti-ebraico da parte di molti paesi arabi e musulmani. Lo stesso Jonathan Safran Foer è nipote di una sopravvissuta della Shoah. La tematica della più grande tragedia della storia ebraica gli ha ispirato un libro, forse più famoso di Eccomi. Si tratta di Everything is illuminated, pubblicato nel 2002 nell’originale inglese e nel 2004 in traduzione italiana (Ogni cosa è illuminata). Il libro è stato talmente apprezzato che ha ispirato un film uscito con lo stesso titolo nel 2005.
Paragonandolo a Ogni cosa è illuminata, il romanzo distopico Eccomi è certamente meno sofisticato, meno fine e di un simbolismo troppo facile. Eppure, i recenti eventi hanno rivelato che il confine fra la civiltà occidentale rappresentata da Israele e la barbarie di Hamas e dei suoi alleati (Hezbollah; Siria; Iran) può crollare per esporre così la popolazione civile israeliana a una violenza che resuscita lo spettro dei pogrom della Russia zarista o delle stragi perpetrate dalle Einsatzgruppen nel 1941.
Questa lugubre attualità potrebbe dare più visibilità a Eccomi sebbene fosse forse preferibile promuovere dei testi portatori di un messaggio di incoraggiamento e di consolazione piuttosto che quella distopia agghiacciante.
Fatto interessante, la traduzione di Here I am all’ebraico sotto il titolo Hinneni ci rammenta che Safran Foer si riferiva alla formula famosa usata dall’obbediente Abraham in risposta all’ingiunzione di sacrificare Isacco (Genesi 22:1). Questo titolo di cattivo auspicio dovrebbe farci odiare questo libro. Eppure, ogni distopia, quanto sinistra essa sia, ha forse delle virtù terapeutiche non solo perché mette in azione la catarsi aristotelica, ma anche perché questa guerra che stiamo vivendo adesso non potrà mai raggiungere il livello apocalittico immaginato da Jonathan Safran Foer, che soffre dei traumi della terza generazione dopo la Shoah.