«Ti spiego il dolore attraverso Giobbe, in chiave junghiana»

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di Michael Soncin

«Giobbe è l’archetipo più indicato per parlare del tema del dolore.  Non si rassegna, non vuole accettare la sua condizione, ne chiede conto. Quel ‘perché?’ è sempre stato al centro della mia vita personale e analitica». Parla la psicologa Lella Ravasi Bellocchio

Noi tutti, almeno una volta nella vita, compreso tu che stai leggendo, in piccola o grande misura, ci siamo trovati dinnanzi all’esperienza del dolore. Non è forse così? E, quindi, come definirlo? Come provare, nel caso mai fosse possibile, a contenerlo? A rispondere, nel suo ultimo libro I confini del dolore, è l’analista junghiana Lella Ravasi Bellocchio, membro del Centro italiano di psicologia analitica (CIPA) e dell’International Association for Analytical Psychology.
C’è Petra, orfana dalle mai provate carezze materne, dall’assenza d’amore nella sua vita, che per un tentativo di purificazione comincia una lotta contro il cibo; c’è Joy, che nel profondo della notte sogna minacciosi serpenti; c’è Caterina, in carcere con il figlio, che, come da prassi, al compimento dei tre anni, non può più tenere con sé; c’è poi Letizia, immunologa, sposata da nove anni che affronterà il dolore del lutto; c’è anche Gloria, alias Medea, la madre assassina, alla prese con una forte depressione post partum.


Il percorso del dolore nelle donne, nelle sue varie forme, viene qui raccontato attraverso delle “storie analitiche”, dove il personaggio biblico di Giobbe è il comune denominatore. Ma perché scegliere una figura maschile per spiegare la sofferenza dell’universo femminile? «Giobbe è il personaggio, la storia, l’archetipo più significativo per parlare del tema del dolore. Non della pazienza, anzi: col suo continuare a chiedere ‘perché?’ è piuttosto intollerante, non si rassegna, non vuole accettare. Dai passi biblici sappiamo che la sua vita è stata giocata a dadi in una scommessa tra il Padreterno e Satana, tra il bene e il male. È facile essere dei Giusti quando va tutto bene. Giobbe viene messo alla prova, perderà tutto, figli e ricchezza. Il suo ‘perché?’ senza riposta sfida il mistero del dolore e dell’amore, mentre i nostri ‘perché’ nella stanza dell’analisi non fanno altro che ripercorrerne l’infinita inquietudine. A mantenere dignità nell’essere umano è la forza indomabile del ‘perché’, è la parola in attesa di una risposta che ci restituisce il senso dell’esistenza e la fiducia». Giobbe da questa impresa esce com’è entrato, sempre da Giusto.

Ravasi Bellocchio dedica un intero capitolo a Carl Gustav Jung (1875-1961), che nell’opera del 1952 Risposta a Giobbe interroga il testo biblico.
Spiega che la sofferenza che si presenta più spesso riguarda la perdita di una persona cara, di un amore, di una sicurezza, di una centralità, di un senso compiuto. Esiste una maniera per arginare le sofferenze della psiche? «Con la memoria, nel non dimenticare. Il fare memoria ci permette di fare pace, anche con la morte. Le cicatrici dei dolori possono riaprirsi, è una partita mai finita, l’importante è non ‘rimuovere’, perché la rimozione porta a una falsificazione dei dati della vita, e invece il fare memoria apre a continui e diversi orizzonti». Inoltre, nel capitolo Lettere dai confini la studiosa ha inserito un carteggio tra Albert Einstein e Sigmund Freud, dove il genio della fisica chiede conto al grande maestro della psicanalisi del ‘perché’ della violenza, dell’aggressività.

Le forme del dolore sono molteplici; parlando della depressione, ne «esistono tantissime modalità…, il più delle volte corrisponde a forme di dolore, di tristezza esistenziale». C’è poi chi il dolore lo subisce, chi se lo infligge. La dottoressa nomina la sindrome di Münchhausen che consiste nel farsi del male, una concretizzazione di un patimento interiore. «Dobbiamo essere in grado di accettare il dolore e di manifestarlo, senza reprimerlo, trovando silenzi e parole per dare forma umana all’impensabile, allo schianto che ci atterra nell’interiore».

Lella Ravasi Bellocchio,
I confini del dolore. È possibile arginare la sofferenza psichica?,
pp. 264, Raffaello Cortina Editore, euro 18,00.