“Information wants to be streamed”, i contenuti devono “fluire”, devono essere spreadable, diffusi, condivisi; altrimenti muoiono, dice Henry Jenkins, docente della South California University, teorico della cultura della partecipazione.
Oggi in effetti condividiamo un po’ tutto – pensieri, foto di quando siamo al mare e di quanto eravamo bambini, video presi qua e là… Tramite facebook e il resto dei social networks diffondiamo e condividiamo con milioni di persone, pezzetti della nostra vita.
Con altri scopi e altre modalità oggi è possibile, anzi necessario, se stiamo a quel che dice Jenkins, condividere in rete anche contenuti “culturali”.
Pensiamo alle innumerevoli banche dati che sono nate e si sono sviluppate in questi anni e che offrono gratis o a pagamento, a seconda dei casi, informazioni e collezioni sterminate di pubblicazioni scientifiche. La filosofia che ne è alla base è quella dell’Open Knowledge ovvero della conoscenza, della cultura, intesa come patrimonio di tutti, come bene da condividere fra tutti senza limiti, senza confini. La Rete rappresenta oggi il mezzo ideale per permettere tale fruizione e flusso di informazioni.
A monte di tutto questo però c’è un passaggio imprescindibile, nient’ affatto trascurabile: la disponibilità dei contenuti in formato digitale. Un filmato del 1950 registrato su nastro magnetico, può essere diffuso in Rete solo dopo essere stato convertito in un file. E qui cominciano i problemi. Perché digitalizzare (o “de-materializzare” come anche si dice) – con tutto quel comporta in termini di conservazione di strutture e infrastrutture tecnologiche di supporto – è un’operazione dai costi ancora proibitivi.
Per quanto paradossale possa sembrare, nell’era del digitale il “Digitale” è un bene che non tutti possono permettersi, a cominciare proprio dagli istituti culturali.
D’altra parte, anche solo ripensando alle parole di Jenkins, le alternative non sono molte… Ed è proprio alla luce di questa consapevolezza che la Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano – principale archivio e istituto di ricerca sulla storia sugli ebrei in Italia nell’età contemporanea – ha deciso con coraggio di intraprendere la strada del digitale.
L’archivio e gli uffici della Fondazione CDEC occupano due piani di una elegante palazzina milanese; vi sono conservate svariate migliaia di documenti, incluse fotografie e registrazioni audio-video, che sono state raccolte al fine di documentare la storia degli ebrei e dell’ebraismo italiano fra Otto e Novecento. Una parte di questa documentazione riguarda anche la percezione e l’immagine degli ebrei e di Israele nella società e nell’opinione pubblica italiana contemporanea (che è poi l’archivio costruito dal settore Osservatorio Antisemitismo a partire dalla fine degli anni ‘60). La biblioteca, oltre a una collezione di quasi 30.000 volumi, conserva la più ricca e completa collezione di riviste ebraiche italiane dall’unità d’Italia ai giorni nostri.
La parte più consistente di tutta questa documentazione riguarda la persecuzione e deportazione degli ebrei dall’Italia. I diari, le lettere, le fotografie lasciate da chi è scomparso, così come le voci e i volti di chi è sopravvissuto, costituiscono oggi la testimonianza forse più vivida e diretta di ciò che fu la Shoah. Per i tempi e i modi con cui tutti quei documenti sono stati raccolti, per le ricerche, fondamentali, che da essi ne sono derivate, l’archivio del CDEC nel suo complesso può essere visto come una testimonianza a sua volta del lento processo di costruzione della “memoria della Shoah”, inteso come impegno civico oltre che storiografico del CDEC stesso.
Con la necessità da un lato di conservare il più a lungo possibile nel tempo il proprio patrimonio, dall’altro di renderlo fruibile al più ampio pubblico, a partire dalla fine del 2012, grazie al sostegno ricevuto in seguito alla Legge speciale dello Stato 155 del 15 ottobre 2009, e in collaborazione con Regesta.exe di Roma, la Fondazione CDEC ha elaborato un progetto che, a partire da un generale lavoro di risistemazione e integrazione dei diversi archivi esistenti, prevede sia la digitalizzazione dei documenti e materiali più preziosi e soggetti a deterioramento; sia la pubblicazione in rete delle informazioni e descrizioni relative al patrimonio archivistico e bibliotecario dell’istituto e, con esse, di una parte dei materiali digitalizzati.
Seguendo l’esempio di istituti simili, europei ma soprattutto americani, la Fondazione CDEC ha voluto dare avvio ad un progetto per la realizzazione di una Digital Library, ovvero di un deposito di informazioni e contenuti multimediali, che saranno a disposizione del pubblico, fruibili sia in sede sia online.
Entro la fine del 2014 la Fondazione CDEC si è posta come principale obiettivo la pubblicazione, su un nuovo portale web, di una banca dati per l’accesso in particolare alle informazioni e alle risorse per la storia della Shoah in Italia.
Si tratta, nel complesso, di un progetto oneroso e che richiederà senz’altro nuove risorse; ma al contempo esso rappresenta per la Fondazione CDEC un indispensabile investimento sul suo futuro di centro di ricerca capace di stare al passo coi tempi, e come istituto che ha come sua missione statutaria, la custodia della memoria dell’ebraismo italiano e della sua cultura.
La descrizione del progetto, delle sue fasi di avvio e del lavoro svolto sinora, anche negli aspetti più prettamente tecnici, è consultabile sul sito del CDEC; sarà inoltre presentato a Roma il prossimo 20-21 febbraio nel corso del convegno organizzato dal W3C Italia e dal CNR presso l’Archivio Centrale dello Stato, in occasione della quarta edizione dell’International OpenDataDay.
Proprio il convegno di Roma, sarà l’occasione per la prima prima presentazione ufficiale del progetto. Laura Brazzo della Fondazione CDEC, insieme a Silvia Mazzini di Regesta, presenterà infatti le linee essenziali del progetto per la digital library del CDEC e in particolare uno dei suoi aspetti più innovativi: l’utilizzo dei Linked Open Data (LOD) come modalità sia di integrazione dei molteplici archivi dell’istituto, sia di pubblicazione di informazioni e documenti digitali.
Nel corso dell’intervento verrà presentata inoltre la versione beta della “Ontologia sulla Shoah in Italia”, ovvero la descrizione formale dei concetti e delle relazioni che caratterizzano e specificano il processo di persecuzione e deportazione degli ebrei dall’Italia fra il 1943 e il 1945. L’ontologia sulla Shoah in Italia proposta dal CDEC è stata elaborata sulla base del database del CDEC sui deportati ebrei dall’Italia ed è la prima realizzata su questo argomento.
Con il fine di mostrare le potenzialità di sviluppo della ricerca e della conoscenza offerte dall’utilizzo dei LOD e dalla creazione di una ontologia anche sul tema della Shoah, verrà presentata anche la versione beta (sperimentale) di tale ontologia e un primo test di allineamento di dati in formato LOD. Grazie alla collaborazione dell’Archivio Centrale dello Stato, la Fondazione CDEC ha potuto infatti incrociare i dati degli oltre 8000 nomi delle vittime della Shoah italiana provenienti dalla banca dati del CDEC con i 15.000 della banca dati dell’ACS sugli ebrei stranieri internati in Italia nel 1940-1943. Il test mostrerà come dati in formato LOD, provenienti da banche dati distinte e autonome, siano collegabili fra loro e come dall’analisi dei dati comuni, emergano informazioni aggiuntive rispetto a quelle note nelle due banche dati di partenza.