di Fiona Diwan
C’è la storia di Lassana Bathily, il giovane malese che nel 2015, durante gli attentati terroristici a Parigi, riuscì a salvare una quindicina di ebrei dell’Hyper Casher nascondendoli in un frigorifero. C’è Antoine Leiris, marito a cui l’amatissima moglie, la bella Helène, viene strappata nell’attentato al Bataclan, Antoine che in nome del figlio Melvil rimasto orfano, si rifiuta di regalare ai carnefici il proprio odio, né tantomeno la sete di vendetta. Ma c’è anche la lezione di Winston Churchill, senza la cui incoercibile testardaggine forse la Seconda Guerra mondiale avrebbe preso tutto un altro corso. O ancora Shakespeare che, nell’Amleto, ci parla di un tempo scardinato e sconcio, con quel celebre “c’è del marcio in Danimarca” che allude alle coscienze pervertite dall’opportunismo politico, dalla delazione e dall’assassinio.
O ancora la scrittrice Etty Hillesum che, prima di farsi deportare nei lager nazisti, con la forza della sua empatia e del suo rifiuto di odiare, scrive “l’unica cosa che si può fare è offrirsi umilmente come campo di battaglia”. C’è Milena Jesenska, la fidanzata mancata di Franz Kafka, che non abdicherà un solo istante al racconto della propria verità interiore, anche nell’inferno di Ravensbruk dove morirà nel 1944.
Ma la vicenda forse più interessante che Gabriele Nissim ci racconta nel suo bel saggio Il Bene Possibile (Utet), è quella di Ho Feng-Shan, console cinese a Vienna nel 1938 che, giocando sulle ambigue direttive politiche del proprio governo, rilascia centinaia di visti agli ebrei austriaci, molti dei quali si metteranno in salvo scappando alla volta di Shangai. Console della Cina nazionalista di Chang Kai Chek, Ho Feng-Shan e il suo umanesimo confuciano moriranno dimenticati dal mondo, e solo nel 2001 Yad Vashem avrà modo di ricordarlo come Giusto tra le nazioni.
Un viaggio nella storia occidentale alla ricerca dei sentieri luminosi tracciati dai pochi che seppero resistere integri accanto al cuore di tenebra della storia d’Europa. Con perizia didattica e l’appassionato talento dell’educatore, Nissim attraversa i secoli e parallelizza i destini di scrittori e filosofi, politici, militari, gente normale, alla ricerca di scintille di bene, pepite di lucida consapevolezza nella buia notte in cui si mettono in moto le “armate degli orchi” per dirla alla Tolkien. Personaggi che sono guardiani della soglia quando tutto precipita nell’apocalisse di fame e sangue, e il Dio degli eserciti si mette in marcia.
Nissim sa intrecciare i destini di Socrate e Dimitar Pesev (il politico bulgaro che evitò la deportazione degli ebrei sotto il giogo nazista), le vite di Marco Aurelio e Moshe Bejski, l’imperatore romano accanto al giudice del Tribunale del Bene di Yad Vashem. La parabola filosofica di Etienne de La Boétie, il grande umanista amico di Montaigne, e quella di Vaclav Havel, eroe della primavera di Praga del 1968 e dopo Presidente, che con Charta 77 seppe coinvolgere il popolo Ceko in una resistenza pacifica e severa contro l’occupazione russa. Vite parallele in cerca di frammenti di autenticità quando tutto intorno l’universo rovina nel pozzo nero dell’ipocrisia e della delazione, nella perversione dell’agire e del pensare. Scorrono in ogni capitolo vite esemplari, figure in cerca di un’autenticità da vivere ai margini di un mainstream fatto di orrore, sospetto e abuso. Perché il male vince, quando è condiviso. E a volte può bastare un solitario gesto di audacia, di inosservata eticità, per azionare lo scarto che sposterà su un altro binario la locomotiva della storia.
Gabriele Nissim, Il Bene Possibile – Essere giusti nel proprio tempo, (UTET), pp. 180, 15,00 euro