di Roberto Zadik
Il Paradiso riveduto e corretto in un dissacrante romanzo yiddish. Lontano anni luce dalle descrizioni poetiche dantesche e da quel luogo pieno di quella giustizia spesso assente nel mondo terreno, “Il libro del Paradiso” dello scrittore Itzik Manger, morto a 68 anni nel 1969 in Israele sorprende ancora oggi per la sua originalità. L’autore, uno dei pochi scrittori yiddish la cui opera è “scampata” alla Shoah e alle censure stalininiste, ci racconta una storia dir poco trasgressiva.
Un bambino di nome Shmuel è stato un angelo prima di nascere e narra agli abitanti del suo villaggio, i famosi shtetl dell’Europa orientale, fra i quali c’è anche un rabbino, un aldilà sconcertante. La vita terrena si congiunge con l’aldilà, attraverso le avventure, spesso grottesche, di questo fanciullo che in compagnia di Pisherl, suo compagno di giochi, ne combina di tutti i colori. Ma vediamo in che modo Shmuel ha potuto raccontare il suo passato ultraterreno al pubblico sbalordito della propria comunità.
Grazie al suo amichetto egli riesce a mantenere il ricordo che, secondo il testo, sarebbe svanito se Simon Ber, angelo rissoso e alcolizzato, gli avesse tirato uno schiaffetto. Le sorprese del romanzo non finiscono qui. Addentrandosi nella trama, il lettore scoprirà che anche gli angeli subiscono dei torti, provano invidie e hanno dei vizi come gli esseri umani, e che perfino personaggi fondamentali della tradizione biblica, come Re David, hanno dei lati oscuri. L’opera, nelle sue 224 pagine, descrive polemicamente anche i vari paradisi, passando da quello cristiano a quello turco. Oltre alle provocazioni, il messaggio di Manger è che non c’è pace neanche in paradiso e che forse e soprattutto per questo la morte fa parte della vita. Originalissimo, tragicomico e pessimista il libro è decisamente polemico opera di uno scrittore che nella sua vita ha riscosso un grande successo.
Nato a Czernowitz cittadina che oggi si trova in Ucraina, e che ha dato i natali anche a Aharon Appelfeld e a Paul Celan, due grandi nomi della letteratura ebraica del Novecento, Manger ha vissuto in vari paesi, fra i quali la Francia e la Romania per poi spostarsi in Polonia e poi in Israele, dove morirà il 21 febbraio 1969. Fuggito da Varsavia nel 1940, per il clima di crescente antisemitismo nel 1958 arrivò a Tel Aviv , dove , accanto al successo di pubblico, venne acclamato anche da autorità e personaggi di spicco come Golda Meir, Teddy Kollek e Levi Eshkol.
Itzik Manger, Il libro del paradiso, Giuntina, Firenze 2010, pp 224, 15euro