di Emanuele Calò
Essendo bisnipote della napoletana Emilia Coen, née Sonnino, dell’illustre casata dei Coen al Tritone, madre di mia nonna Fernanda, coniugata con Emanuele Calò, posso vantare qualche non minimale know how partenopeo, che mi consente di ampliare i miei altrimenti ristretti orizzonti.
La mia mente va all’occupazione della mia alma mater bis, La Sapienza, da parte degli studenti (studenti?) di Cambiare Rotta, tutti dichiaratamente comunisti, che però non essendo di angusti orizzonti, sostengono le ragioni di Hamas, che è nazionalsocialista o comunque nulla hanno da eccepire. Ad esempio, non si battono per la liberazione degli ostaggi, un venerabile istituto cavernicolo, che non li infastidisce punto. Nemmeno mostrano dispiacere per gli stupri, le mutilazioni, le decapitazioni e le torture. D’altronde, la nota teoria del buon selvaggio ha illustri natali, che sfiorano Jean-Jacques Rousseau, e che quindi meritava d’essere rispolverata.
Così, vedevo che alcuni studenti (studenti?) s’incatenavano, dichiaravano lo sciopero della fame, esibivano cartelli degni del cinema muto e, a modo di fondale, esibivano delle tende da campeggio. Per quello disquisivo della mia nostalgia per Napoli, che ha dato i natali anche – ma non solo – alla sceneggiata. Così, dinanzi alla cennata tenda rivedevo Isso (l’eroe positivo), Essa (l’eroina) e ‘O malamente, il villano, rappresentato da Israele. Questi sono i personaggi classici che ci sono stati riproposti e, come disse Karl Marx nel 18 Brumaio di Luigi Bonaparte, hanno esibito quale commedia, ciò che nel ’38 vivemmo come tragedia (“Hegel nota in un passo delle sue opere che tutti i grandi fatti e i grandi personaggi della storia universale si presentano per, così dire, due volte. Ha dimenticato di aggiungere la prima volta come tragedia, la seconda volta come farsa”).
Questa orribile sceneggiata, che per gli ebrei rappresentava la reviviscenza delle leggi razziali del 1938, dove la parola “ebreo” era sostituita dalla parola “Israele”, è stata contrastata da due persone serie – serie – serissime: la rettrice Antonella Polimeni e il Capo dello Stato Sergio Mattarella. A loro dobbiamo rendere gli onori, laddove molti stentavano a distinguere fra la realtà e le buffonate, professori firmaioli compresi. Non hanno soltanto aiutato noi: hanno riscattato l’onore dell’Italia. Fra i firmaioli, qualcuno sentirà, ora, il puzzo di bruciato?