Che cosa significa oggi in Israele parlare di “lealtà” e “tradimento”? A proposito di Grossman, della Lista Araba e di Borderlife, il libro di Dorit Rabinyian vietato nei licei

Opinioni

di Angelo Pezzana

Dorit Rabinyian “BorderlifeVengono definiti “delicati” quegli argomenti difficili da inquadrare, che non sono né di destra né di sinistra, e su cui non esiste una pubblica opinione tutta bianca o tutta nera. È il caso di una parola entrata da qualche tempo nel vocabolario della politica israeliana, suscitando prese di posizione che non prevedono volontà di confronto. Il termine in questione è “lealtà”, contrapposto al termine “tradimento”. Tutto è nato intorno alla decisione del Ministro della cultura Miri Regev di non inserire fra i libri da consigliare per le scuole superiori il romanzo di Dorit Rabinyian “Borderlife”, una storia d’amore tra una ebrea israeliana e un arabo palestinese, la cui relazione nasce e si svolge per alcuni mesi a New York, prima di chiudersi quando la loro vita riprende normalmente, dopo il ritorno al Paese d’origine. Amarsi lontano dalla realtà quotidiana è un conto, sarà anche stato coinvolgente, ma le differenze tra due società, costumi, relazioni, prende poi il sopravvento. Così, “la vita vera” per entrambi riprende, la storia d’amore è finita, tutti e due ritornano alle proprie culture separate, narra il libro. Qual è stata l’accusa lanciata contro Miri Regev? L’aver giudicato il romanzo “non formativo”: ogni studente potrà leggerlo, se vuole, ma non sarà ritenuto curricolare né giudicato formativo, tanto da finanziarne l’acquisto per ogni biblioteca di classe. Una decisione che si può condividere oppure no, ma sicuramente non un atto di censura, perché il romanzo è da mesi in testa alle classifiche dei più venduti, di certo grazie anche alle polemiche che ha suscitato, il che non implica automaticamente qualità, ma successo sì, essendo il tema poco comune nella narrativa contemporanea d’Israele. Uscito anche in italiano, non a caso l’editore, fiutando uno stimolo alle vendite, l’ha presentato con una fascetta sulla quale troneggiava la scritta “il romanzo messo all’indice in Israele”, (cosa del tutto falsa, ma giudicata vantaggiosa dal punto di vista economico).
La mancata adozione nelle scuole è stata bollata come atto autoritario, in offesa alla “lealtà culturale”, e pertanto da respingere in quanto “fascista”. Così l’ha definito David Grossman in un’intervista a Euronews, la stazione plurilingue finanziata dall’Unione Europea, cioè da tutti noi Stati membri, emittente che si distingue per i virulenti attacchi che conduce contro Israele. Poter definire “fascista” un atto del governo era un’occasione che Grossman non poteva lasciarsi sfuggire: infatti, dopo aver definito fascista la Ministra, ha subito attaccato Netanyahu, accusandolo di voler nascondere agli israeliani i veri pericoli e allontanare così le prospettive di pace. Ma alla parola “lealtà” si contrappone “tradimento”, termine negletto che dovrebbe essere invocato in molti casi della vita politica parlamentare, ad esempio nel comportamento dei deputati della Lista Araba, che non si limitano a criticare il governo, cosa normale per l’opposizione, ma agiscono contro l’interesse nazionale, diventando di fatto complici di movimenti e Stati stranieri che si propongono la distruzione di Israele. Altro esempio, certe iniziative delle Ong auto-definitesi pacifiste, che si comportano spesso in modo tale da mettere in pericolo la sicurezza delle forze di difesa nazionali. Aspettiamo con ansia il momento in cui qualcuno si alzi per pronunciare la parola “tradimento” nei confronti di chi mina la sicurezza dello Stato. Sarà una domanda scomoda, ma chi dimentica che Israele difende il proprio diritto a esistere dovrà porsela. Mettere in pericolo il futuro del Paese nel quale si vive non significa forse tradirlo?