di Angelo Pezzana
Il Paese-fortezza su cui nessuno rilascia commenti. Business is business?
Non credo di essere il solo a chiedermi come mai l’Iran interessi poco o niente i nostri media quando è coinvolto in avvenimenti che non comprendono l’aspetto folkloristico o commerciale.
Un commando terrorista assale il parlamento di Teheran, con decine di vittime e feriti, e la notizia non suscita commenti e analisi da parte dei cosiddetti esperti, in genere sempre puntuali nel descrivere la società iraniana in articoli che ne esaltano le grandi possibilità di sviluppo economico. Il Medioriente è sconvolto da stragi quotidiane, guerre civili, con centinaia di migliaia di vittime e milioni di persone in fuga per cercare di mettersi in salvo, e nessuno dei soliti esperti – in genere ex diplomatici – sente la necessità di occuparsi dell’Iran, in quanto Paese che è all’origine della diffusione del terrorismo anche nel circostante mondo arabo-musulmano. La longa manus di Teheran si estende ormai sulla Siria, lo Yemen, il Libano attraverso le milizie Hezbollah; su Gaza e la Penisola del Sinai con le organizzazioni terroristiche controllate dai mullah, prima fra tutte Hamas. Il Qatar sopravvive grazie all’aiuto dell’Iran.
E nessun esperto sente l’urgenza di dire la sua su quel Paese che, attraverso gli Stati che ormai controlla, ha come obiettivo l’estensione del proprio potere su tutti gli altri Stati della regione e l’affermazione di una leadership sciita su tutto il mondo mediorientale. Perché questo silenzio? Molti media – la quasi totalità – non appartengono più a editori puri, ma sono espressione di interessi economici; è una spiegazione per capire la condiscendenza verso quanto coinvolge quel vasto mercato che si chiama Iran. Eppure si potrebbe benissimo pensare di non condividerne l’ideologia coloniale che lo contraddistingue e quindi, senza schierarsi apertamente contro di lui – business is business-, qualche reportage che non richieda l’inginocchiarsi davanti al mullah di turno non è impossibile. Invece niente.
L’Iran era il beniamino dei nostri media – madrina Federica Mogherini quando Obama e la UE sbianchettavano Teheran con gli Accordi di Vienna – e tale è rimasto, anche se oggi il suo coinvolgimento nel terrorismo che minaccia la pace mondiale è una certezza, un pericolo di guerra globale. Qualche inviato ci delizia raccontandoci quanto vivace e giovane sia la società iraniana, quanta voglia di modernità la caratterizzi, evitando con cura però di rivelare la violenza che opprime – e spesso elimina fisicamente – chiunque abbia opinioni diverse dai successori dell’ayatollah Khomeni. L’Iran è una fortezza nella quale possono entrare solo anonimi turisti o emissari di aziende. Archeologia e affari possono convivere, ma perché dobbiamo ritenerci soddisfatti dal silenzio che circonda l’Iran, quello vero, che minaccia le nostre democrazie?