Gli (strani) legami tra microuniverso no-vax, ancora vitale, e il circuito dei filoputiniani d’Italia

Opinioni

di Claudio Vercelli

[Storia e controstorie] Ci sono fatti e condotte che, pur essendo prevedibili, quando si manifestano concretamente lasciano comunque l’amaro in bocca. Poiché il loro verificarsi è riscontro di come le cose non vadano per il verso giusto. In questo caso il riferimento è ai molti nessi che si riscontrano tra il rumorosissimo microuniverso no-vax, ben lontano dall’essersi spento, e il circuito dei filoputiniani d’Italia.

Temi, atteggiamenti, idiosincrasie, irrazionalismi come anche intolleranze (in genere manifestate come espressione della propria libertà di pensiero, letteralmente scaraventata contro il resto del mondo) si stanno rigenerando in una sorta di non troppo sorprendente travaso di motivi dagli uni agli altri. A volte le persone interessate sono le medesime. In non pochi casi c’è lo zampino di organizzazioni e movimenti politici estremisti, alla continua ricerca di proteste da cavalcare. Rimane il fatto, al netto di queste ultime considerazioni, che nelle nostre società, a fronte di un diffuso disagio che si esprime in tanti modi, ci sono alcuni settori che, per usare una parola adottata a suo tempo da Max Weber, si presentano tra il pubblico in quanto costantemente “febbricitanti”. È come se la loro temperatura ideologica fosse, in misura perenne, al di sopra del livello di guardia, segnalando – attraverso il termometro delle loro azioni – il fatto che solo attraverso i parossismi, l’irragionevolezza, l’esasperazione e la prevaricazione possono prendere voce. Il risentimento è il collante di tutto: una sorta di rabbia sorda e pervicace, destinata a ripetersi all’infinito, all’eterna ricerca di “colpevoli” e di capi di imputazione da attribuirgli. È allora come aprire un tombino, dal quale promanano miasmi e un fetore che in nessun modo possono essere mitigati dalla ragione. Poiché quanto fa la differenza, in questi casi, non è solo ciò che si dice ma il modo in cui lo si fa.

I peggiori intolleranti sono, molto spesso, quegli stessi che invocano la “libertà” come licenza assoluta, valida ovviamente solo per se stessi. In questo groviglio di bile e fiele ci sono alcuni schemi mentali che si ripetono. Sono anche alla radice dei pregiudizi. Ma non di questi ultimi ci stiamo occupando in queste righe. Piuttosto, ci interessa capire quali sia gli architravi del pensiero delirante, posto che nulla si capisce di esso, e della sua diffusione sociale, se lo si liquida come prodotto dell’ignoranza. Chi urla non ignora: semmai ritiene di sapere tutto. Da questo riscontro, quindi, bisogna partire. Poiché le ricorrenze sono sempre le medesime. La prima della quali è la mania di persecuzione: l’idea di fondo è quella di essere dei perseguitati in quanto depositari di una verità tanto clamorosa quanto impronunciabile. Da ciò il complotto dei «poteri forti», dell’informazione cloroformizzata, ma anche di collettività imbelli e prive di coscienza, contro quelli che sarebbero invece i vessilliferi del vero sapere. L’opinione mainstream avrebbe un obiettivo imprescindibile, quello di mettere la mordacchia alle minoranze consapevoli. A questo caposaldo del pensiero allucinato si combina la sindrome del nemico: una sorta di megamacchina (il capitalismo invisibile dei signori del “nuovo ordine mondiale”) si adopererebbe per neutralizzare ogni pensiero critico, usando pandemia e guerre per azzerare la coscienza collettiva. Putin, per i suoi apologeti, sarebbe colui che ha il coraggio di opporsi alla forza di omologazione degli Stati Uniti. Così dicendo, si realizza la sintesi tra anticapitalismo straccione e sovranismo imbelle. Un ulteriore passaggio è la pantomima di conflitto che in tale modo viene riprodotto tra élite oligarchiche, di stampo tecnocratico (il “governo dei banchieri”) e “popolo”, quest’ultimo ovviamente rappresentato solo dalle minoranze polemiche, le uniche capaci di dare un senso allo spiaggiamento che si sta vivendo in tempi di globalizzazione. Da ultimo, come ha scritto Luigi Manconi, esiste un legame profondo tra «sovranismo corporale e sovranismo geopolitico».

L’idea di potersi autogestire come se si fosse degli assoluti, ossia di disegnare e perimetrare su di sé i diritti collettivi, considerandosi il metro di valutazione al quale gli altri debbono genuflettersi, si incontra con le suggestioni imperialistiche dell’antiamericanismo recuperato ad una nuova gioventù. Dice Manconi: «nella polemica contro i vaccini trovano largo spazio gli argomenti ispirati a un’idea naturalistica (non adulterata e non inquinata) del corpo umano, insidiato dall’inoculazione di ‘chissà che’: elementi chimici, tessuti di feti abortiti, metalli magnetici, micro-chip». Di conseguenza l’intangibilità fisica, deve essere difesa da agenti esterni e artificiali. «Nella trasposizione allucinata dalla dimensione del proprio organismo alla sfera geopolitica, la Russia di Putin appare come espressione di una tradizione primigenia, terrigna e non contaminata, vitalista e fiera. Insomma, il sovranismo autosufficiente e auto-terapeutico del corpo si incontra con il sovranismo che si impone attraverso le armi per affermare il dominio su ciò che si considera proprio territorio. E non è nemmeno un caso, forse, che il cattolicesimo integralista più reazionario abbia, prima, osteggiato i vaccini e, ora, appoggi con fervore l’invasione russa dell’Ucraina». Si tratta di un gigantesco esercizio di auto-manipolazione, di inganno giocato prima di tutto contro se stessi. Ma evidentemente funziona. Senz’altro per gli astanti che spasimano dietro le parole del patriarca Cirillo I, il capo della Chiesa ortodossa russa, che nell’omelia di domenica 6 marzo 2022 ha sostenuto l’invasione russa dell’Ucraina in quanto «guerra giusta contro le lobby gay». Tanto per fare un esempio tra i diversi possibili, poiché ce ne sono veramente molti altri, se non decisamente troppi.