di Angelo Pezzana
[La domanda scomoda] Accanto alle edicole che chiudono c’è un’altra crisi che ha colpito la carta stampata che però non ha destato, finora, alcun interesse: la quasi totale scomparsa dei settimanali. Ne rimangono due per l’esattezza, L’Espresso, che sopravvive in quanto inserto domenicale de La Repubblica (ma non è chiaro fino a quando) e Panorama. Due testate.
L’esatto contrario di quanto avviene in Francia, Inghilterra, Germania, Stati Uniti e altri paesi occidentali, dove il lettore può persino scegliere il settimanale di cui condivide la linea politica. In Italia no. Esaminiamo L’Espresso. Esce da 69 anni, sfogliamo il n. 18 del 7 maggio scorso. I collaboratori sono tutti diversi dopo il cambio dell’ultima proprietà, la Repubblica lo distribuisce soltanto. 122 pagine, ma è la settima a firma Diletta Bellotti che attrae la nostra attenzione, a cominciare dal titolo: “Finché un giorno la Palestina non sarà libera”: l’occupazione israeliana iniziava 75 anni fa. Una storia quasi cancellata nella narrativa dell’Occidente.
Se non fosse lo spazio a impedirlo, meriterebbe di essere interamente copiato. Ne riprenderò alcune frasi, essendo superfluo il commento.
“Dall’inizio del 2023,in Cisgiordania, sono stati uccisi più di centodieci palestinesi dall’esercito israeliano” / “Potrei riportare altre dieci, cento statistiche dell’apartheid in Palestina” / “Potremmo ripercorrere insieme il tanto atteso report di Amnesty International” / “Potrei parlarvi dell’indagine della Corte penale internazionale nei confronti di Israele per crimini contro l’umanità” / “La consueta irruzione violenta nelle moschee durante il Ramadan” / “Potremmo ascoltare centinaia di artisti e intellettuali che hanno preso posizione” / “ Potremmo imparare a schivare i servizi in tv, ridere, con profondo disgusto, della stampa che prende la paghetta” / “Potremmo boicottare, disinvestire e sanzionare” / “Imparare dalle università che hanno lottato per interrompere la collaborazione con l’Università di Ariel, costruita sui territori occupati illegalmente” / “Possiamo e dobbiamo fare molto, tutto il possibile, come alleati di un popolo in lotta contro uno Stato coloniale” / “75 anni fa iniziava la Nakba, la ‘catastrofe’, l’inizio della occupazione sionista” / “La storia della Nakba è fortemente orale, assente, per lo più, nella narrativa occidentale pregna di propaganda sionista sia a destra sia a sinistra” / “75 anni, il popolo palestinese sparisce progressivamente dalle pagine occidentali” / “75 anni di pulizia etnica, di apartheid, di raid militari, di bombardamenti, di armi chimiche, di embargo, di checkpoint, di risoluzioni e promesse, di menzogne” / “Sono 75 anni che l’orizzonte tenta di fagocitare il sole: militari che smuovono montagne intere, anticipano la notte, colonizzano anche il cielo”.
Un articolo che è una faziosa e parziale presa di posizione, che torna a usare la più semplificata e consunta narrativa pro-pal; una demonizzazione di Israele come non se ne leggevano da tempo sui media mainstream. Questo è L’Espresso. Due consigli: guardate la pagina accanto all’articolo, Amnesty International vi chiede di donare il vostro 5×1000: rispondetegli con un grosso NO
A Repubblica uno spassionato suggerimento: liberarsene il più presto possibile. Forse i newsmagazine in Italia meritano davvero l’estinzione.