Il razzismo non è una opinione

Opinioni

Il 25 Gennaio scorso il Senato ha, definitivamente approvato il disegno di legge noto come “modifiche al codice penale in materia di reati di opinione. Peccato che tale modifica abbia rivisto anche il reato previsto dall’art. 3 L. 654/75 c.d. Legge Reale che prevedeva la ferma punizione dei reati in materia di razzismo, non certo annoverabili fra i reati di opinione.
Un primo segnale, a dire il vero, di una inversione di rotta, lo si aveva avuto con la recente Sentenza della Corte di Cassazione (Sez. V Penale, 05-12-2005, n. 44295), che ha cassato la Sentenza del Giudice di merito con la quale veniva condannato un cittadino italiano, anche, per il reato di cui all’art. 3 L. 654/75, per avere affermato: “sporche negre”. Secondo l’originale Sentenza la motivazione adottata dal Giudice del merito non era idonea ad integrare il fatto -“ reato” previsto dalla Legge Reale.
Ma veniamo a quanto sta cambiando. L’art. 3 della Legge Reale stabiliva: “è punito con la reclusione sino a tre anni chi diffonde in qualsiasi modo idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero incita a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi”. La nuova legge, per contro, va di fatto, ad affievolire la portata della norma non solo nel suo precetto ma anche nella prevista sanzione, andando così a stabilire: “è punito con la reclusione fino ad un anno e sei mesi o con la multa fino a 6.000 euro chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi”.
Oltre ad alleggerire le pene, si restringe, quindi il campo di applicazione della legge Reale dalla generica “diffusione” di idee razziste alla “propaganda”. Anche il passaggio dall’ “incitazione” all’ “istigazione” sembra andare in questa direzione.

Stessa modifica anche per un altro punto della legge Reale, che stabilisce che “è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chi, in qualsiasi modo, incita [viene sostituito da istiga n.d.r.] a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi”.
La tutela apportata dalla legge Reale, approvata in Italia nel 1975, è frutto di un iter molto lungo e travagliato che non parte, come si potrebbe ragionevolmente pensare, dai nefasti eventi accaduti in Europa prima, durante e dopo la seconda guerra mondiale, ma, per contro, dalla convenzione di New York del 1966, a seguito della condanna, da parte delle Nazioni Unite del colonialismo e di tutte le pratiche segregazionistiche e discriminatorie che lo accompagnano e sotto qualunque forma e in qualunque luogo esistano.
Il fine era, ed è, quello di mettere all’angolo qualsiasi dottrina di superiorità fondata sulla distinzione tra le razze.
La riforma dei reati in materia di opinione e dell’art. 3 della Legge Reale, è stata voluta, guarda caso, da alcuni onorevoli rappresentanti della Lega Nord. Promotrice della proposta di legge, approvata definitivamente in Senato, è l’On. Carolina Lussana (Lega Nord Federazione Padana). La riforma, quindi, oltre a depenalizzare e a stravolgere la Legge Reale, è andata oltre, ottenendo la depenalizzazione di alcuni reati posti a tutela della personalità dello Stato, disciplinati nel Libro Secondo, Titoli I, II e III, del codice penale.
La ratio della riforma la si intuisce dalla stessa presentazione della proposta di Legge del 15 Dicembre 2004, a voce dell’On. Lussana che esordisce: “i reati di opinione rappresentano un “relitto storico” che permane all’interno del nostro codice penale, nonostante l’attuale momento storico sia profondamente mutato rispetto a quello in cui sono stati introdotti infatti la libertà di opinione, di associazione, di iniziativa, di partecipazione, rappresentano diritti politici fondamentali e, poiché si tratta di valori presenti nella Costituzione, rivestono un carattere assoluto che nessuna norma di rango inferiore – sia essa penale, procedurale civile o amministrativa –può negargli” .
L’On. Lussana, probabilmente, aveva ed ha le idee confuse, un po’ su tutto, a parere di chi scrive (che si assume le conseguenze di quanto affermato). L’attuale momento storico, purtroppo non ha nulla da invidiare a quello in cui, il legislatore ha pensato bene di tutelare lo Stato e, poi (per ordine temporale), le persone dalle discriminazioni razziali, religiose o etniche.
Il nostro Paese sta diventando sempre più cosmopolita. I flussi migratori, principalmente da paesi magrebini, e dell’est europeo, stanno di fatto, sconvolgendo l’assetto socio-culturale dell’Italia. Le Comunità di persone provenienti da stati diversi sono sempre più numerose e desiderose di rappresentanza, amministrativa e politica.
Dopo l’undici settembre le comunità islamiche rappresentano delle polveriere, tesi, questa, confermata anche alla luce di quanto sta accadendo in Europa, ed in medioriente, a seguito di alcune vignette pubblicate su di un quotidiano danese.
Abbassare ora la guardia, per salvare la “pelle” ad alcuni verdi amici della Signora Lussana, che vilipendono, per credo e fervore politico, il Tricolore, gli Organi rappresentativi dello Stato e se la prendono, talvolta, con povera gente dalla pelle e dai tratti diversi, è segnale di grave ignoranza e indifferenza.
Da domani, quindi, chiunque potrà diffondere, idee fondate sulla superiorità di razza o sull’odio razziale, chiunque potrà incitare a commettere atti di discriminazione razziale senza incorrere in alcuna sanzione penale, a patto, però che non “propagandi”o “istighi”…. Ma quale sia il limite fra la diffusione e la propaganda, e fra l’incitare e l’istigare, per mera onestà intellettuale, sfugge a chi scrive.
Propagandare, secondo il significato proprio, sta a significare quell’azione intesa a conquistare il favore o l’adesione di un pubblico sempre più vasto, mediante ogni mezzo idoneo ad influire sulla psicologia collettiva o sul comportamento della massa. Istigare, per contro, sta ad indicare colui che induce, con suggerimenti o incitamenti spesso subdoli, ad azioni riprovevoli e per lo più condannate dalla legge .
Si diceva, poco sopra, che ci sfugge la differenza fra l’istigazione e l’incitazione. Sotto il profilo tecnico – giuridico, sembrerebbe di essere di fronte ad un vero e proprio paradosso. Una persona non è punibile se incoraggia taluno a commettere atti di discriminazione per motivi razziali. Lo diventa, però, se lo istiga. Un persona può divulgare materiale (libri, riviste, volantini, siti internet) esplicitamente razzista, ma non può propagandare l’odio razziale. Da domani, quindi, nelle moschee, ad esempio, i seguaci della strategia della guerra santa, potranno divulgare ogni scritto, ogni documento che faccia ritenere i non musulmani “dei cani infedeli”, basta che non si spingano ai limiti della propaganda. E di fatto, tecnicamente, propaganda non è, posto che si tratterebbe “solo” di incitare i più intellettualmente deboli all’odio, posto che la diffusione avverrebbe già al di dentro di un “clan” di persone già aggregate da una comunione di intenti e di credo.
Ergo, i verdi amici, (e non si capisce a cosa sia ispirato il colore, se a retaggi filo – islamici (vedi Borghezio prime origini, o a simpatie per codreanu, o semplicemente, al colore dei verdi campi della padania…) hanno fatto un clamoroso auto – goal! Domani, difatti, chiunque potrà vilipendere il Tricolore senza troppi problemi, e non solo leghisti… domani chiunque potrà dire che il padano è migliore rispetto al meridionale, perché è di razza superiore, senza nulla, ma proprio nulla temere, ma anche il gli intimi di Bin Laden possono tranquillamente scorrazzare per le nostre vie urlando che gli occidentali sono dei cani infedeli, senza nulla temere, almeno dalla nostra legge penale…..
Questo è quanto si delinea sul nostro orizzonte.
Ciò che, però, va in ogni caso sottolineato, è che la riforma dell’Art. 3 della Legge Reale appare in aperto contrasto con la Convenzione di New York. L’ultima parola, quindi, spetterà alla Corte Costituzionale.

Antonio Finelli e Simone Andrea Manelli – Avvocati