di David Zebuloni
Venticinque anni sono trascorsi dal giorno in cui il Primo Ministro israeliano, Yitzhak Rabin, è stato assassinato in quella che all’epoca si chiamava Piazza dei Re d’Israele e oggi invece si chiama Piazza Rabin. Venticinque anni dalla tragica notizia che ha stravolto il Medio Oriente e il mondo intero. Venticinque anni, un quarto di secolo, eppure Israele sembra non essersi ancora risvegliata dall’incubo.
Vi sono eventi che segnano irreversibilmente la storia di una nazione. Eventi che rimangono impressi nella memoria di chi gli ha vissuti e lasciati in eredità a coloro che la storia non l’hanno vissuta in prima persona, ma che devono farci comunque i conti giorno per giorno. Ecco, l’assassinio di Yitzhak Rabin è uno di quegli eventi. Un lutto che ha segnato profondamente la storia dello Stato di Israele, definendo il prima e il dopo di un’epoca in cui la parola pace pareva essere più vicina che mai.
Sul significato politico e concreto della pace tra israeliani e palestinesi si può discutere per ore senza arrivare a nessuna conclusione. Se il governo Rabin fosse davvero l’ultima (o l’unica) speranza di pace nel Medio Oriente, non lo può affermare con certezza nemmeno il massimo esperto in materia. Su una cosa soltanto non vi è alcun dubbio: l’atmosfera che riempiva l’aria e le piazze negli anni di Rabin al governo, la percezione che la pace non fosse poi una meta così irraggiungibile, sono svanite insieme a lui nel giorno della sua uccisione.
“Rabin era un ponte tra i popoli e un ponte anche all’interno del popolo”, ha affermato Rav Israel Meir Lau, ex rabbino capo di Israele e amico intimo del Primo Ministro israeliano. “Nel giorno della sua uccisione quel ponte è crollato, si è distrutto in mille pezzi”. Il cantante Aviv Geffen era presente alla manifestazione di pace nell’allora Piazza dei Re d’Israele la sera in cui Rabin è stato assassinato. “Ero uno dei pochi cantanti che avevano accettato di cantare quella sera”, ha raccontato Geffen alle telecamere di News12. “Insieme a Rabin è morta la speranza di un futuro migliore. Dopo la sua uccisione ho dovuto lasciare Israele per un certo periodo, avevo bisogno di ritrovare me stesso.”
Inevitabile il paragone tra le manifestazioni di pace di allora e le manifestazioni di rabbia di oggi. Proprio in questi giorni Israele scende in piazza per protestare contro le norme anti-Covid e la grave situazione economica che affligge il paese. Altrettanto inevitabile è il paragone tra la visione di pace di allora e la pace concreta di oggi, tra Israele ed Emirati Arabi, Bahrein e Sudan. Ed ecco che il confronto con l’Israele di Rabin rimane nel tempo la cartina tornasole dell’Israele di oggi. Per capire l’Israele di oggi, infatti, bisogna per forza ricordare l’Israele di Rabin.
(Foto: The Jewish National Library)