La lunga scia dell’odio antiebraico da Babij Jar alle stragi di Hamas

Opinioni
di Luciano Bassani
 In questi ultimi ottant’anni gli ebrei sono stati perseguitati ai quattro angoli del mondo. Sempre con metodica insensatezza e perfida tenacia. A cominciare dalla tanto compianta Ucraina la cui storia ebraica è  fra le più agghiaccianti d’Europa e forse del mondo. Non si può certo dimenticare quel tragico 19 settembre 1941 in cui i nazisti raggiunsero Kiev. All’epoca vi risiedevano circa 60.000 cittadini di religione ebraica, più del doppio della attuale presenza ebraica complessiva nel nostro Paese.  Il 28 settembre vennero affissi per la città manifesti che li invitavano  a radunarsi  alle ore 8 del giorno seguente nella zona vicino al cimitero. Si riunì un gruppo consistente costituito da anziani, malati, bambini e donne, che pensavano  sarebbero stati inviati in campi di lavoro e invece lì trovarono la morte. L’avvenimento è noto come l’eccidio di Babij Jar.
Spostandosi nella non lontana Polonia, paese vittima del nazismo ma attraversata per secoli da un virulento antisemitismo anche molto dopo Auschwitz, alla fine di ottobre del 1943 ebbe luogo l’operazione Erntefest (Festa del raccolto). Con questo nome secco e quasi diabolicamente poetico le SS stavano perpetrando il progetto di liquidazione del ghetto di Lublino. Antico centro ebraico di grandi saggi e rabbini, sfondo dei racconti del grande Isaac Singer, in pochi anni tutto venne distrutto da questo progetto. Esso faceva parte del più grande piano di sterminio degli ebrei  denominata operazione Reinhardt (Aktion Reinhardt). Gli  omicidi iniziarono la mattina del 3 novembre e prima della sera furono uccise 18.400 persone. Gli ebrei furono costretti a svestirsi e ad entrare nelle trincee precedentemente scavate, dove furono fucilati, con la musica suonata ad alto volume per coprire il suono degli spari. I corpi delle vittime furono bruciati dagli altri ebrei  temporaneamente  sopravvissuti. Con circa 43.000 vittime, l’operazione Erntefest fu il più grande massacro di ebrei da parte delle forze tedesche durante l’Olocausto.
Sempre in quel terribile anno che dava inizio a una infinita spirale di orrore, in Italia il 16 ottobre 1943 (giorno ricordato come Sabato nero), ottant’anni fa, ci fu il rastrellamento del ghetto di Roma. La retata venne effettuata da tedeschi appartenenti alle SS con la zelante collaborazione dei fascisti della Repubblica Sociale Italiana. Furono arrestati  1.259 persone, di cui 689 donne, 363 uomini e 207 bambini, quasi tutti appartenenti alla comunità ebraica romana. Circa 1023 ebrei sfollati dalle loro case e privati di famiglie e patrimoni furono deportati direttamente al campo di sterminio di Auschwitz.
Ora nell’ottobre 2023 , ottant’anni dopo gli eccidi dei nazisti,  una banda di assassini di Hamas, gruppo terroristico islamista erede dell’ antisemitismo del  Gran Mufti  di Gerusalemme Muḥammad Amīn al-Ḥusaynī,  alleato di Hitler, entrava in Israele e con ferocia inaudita  degna delle gesta dei loro camerati del secolo scorso, trucidavano uomini, donne, bambini, alcuni ancora in culla.
Lontano geograficamente, opposti culturalmente, essi hanno però seguito la modalità di genocidio tanto cara  ai nazisti. Nemmeno il tempo di piangere i morti e di pensare agli  ostaggi perché nelle piazze  italiane e del mondo gruppi di giovani e meno giovani  invasati e sobillati  da idee  antisioniste inculcate dai mezzi di informazione araba, di imam radicalizzati e dalla sinistra estrema, si sono riversati nelle strade. Pervasi da un odio inimmaginabile hanno manifestato la loro oggettiva ottusità non riuscendo a superare l’odio con la minima ma mai scontata compassione umana per quei massacri.
In contemporanea su molte testate giornalistiche e in  alcuni talk show, molti personaggi senza pudore e alla ricerca di visibilità,  invece di denunciare  il pogrom appena avvenuto, si lanciavano a spada tratta contro la reazione di Israele a loro dire sproporzionata. Ma esiste una “proporzione” quando si viene massacrati e per giunta alla sprovvista? Solo Israele deve avere questa razionalità nel calibrare la sua autodifesa, mentre troppi ancora oggi  rimarcano solo  le  sue presunte colpe nei confronti dei palestinesi. Pochi invece  compiangono i tanti innocenti massacrati e si chiedono cosa c’entri con i governi e gli eserciti un neonato decapitato, una famiglia distrutta, un anziano rapito e torturato da spietati terroristi. Gli odiatori  seriali di  Israele  e degli ebrei stiano però  tranquilli, Israele è un paese forte e con dei valori di democrazia che alla fine prevalgono sempre  sulla barbarie dei terroristi e sul terrorismo degli indifferenti e dei fanatici della propaganda e delle frasi fatte  a vanvera.