di Angelo Pezzana
[La domanda scomoda] Le polemiche suscitate dal progetto di una Commissione parlamentare sul crescente antisemitismo nel nostro paese redatto dalla senatrice a vita Liliana Segre non hanno contribuito a comprenderne il significato.
Invece di discuterne i contenuti, è prevalsa la solita querelle tra i partiti, tutti in gara per dimostrare chi era più bravo nel proteggere la libertà di opinione, come se in gioco ci fosse quest’ultima e non la battaglia contro l’antisemitismo (e tutte le manifestazioni di odio, ndr). Si sono analizzate soprattutto tutte le conseguenze della parola “odio”, partendo dalla sua difesa in nome – di nuovo – della libertà di parola che tutti devono avere in democrazia.
Poco importa che dal 2005 sia stata redatta una definizione dal “European Monitoring on Center on Racism and Xenophobia”, classificata poi IHRA (International Holocaust Remembrance Alliance) dal Parlamento europeo, che delinea in termini chiarissimi e inoppugnabili quali sono i modi per riconoscere da un lato l’antisemitismo in quanto odio verso gli ebrei, dall’altro la sua versione che mira a delegittimare la stessa esistenza di Israele, cioè lo Stato del popolo ebraico.
Il sospetto che nessuno dei litiganti abbia mai letto la definizione IHRA è quasi una certezza, anche se è stata adottata da 15 paesi europei, inclusi Gran Bretagna, Germania, Austria. Non dall’Italia, c’è da chiedersi il motivo, anche se l’ignoranza non può valere come spiegazione. È indubbio che è a rischio la sicurezza dei cittadini ebrei – possiamo dire la loro vita, dopo quanto è accaduto in Francia – ma per apprenderlo appieno manca quella parola che consentirebbe – in quanto parola giiuridica-, un intervento: ossia la parola “reato”, definizione che comprende una sanzione. Dalla violenza verbale all’attacco fisico il passo è breve, ma se non c’è reato rimangono a disposizione soltanto le chiacchiere, dotte fin che si vuole, ma inutili. Ma nella definizione IHRA c’è molto di più. Vengono elencate le accuse contro Israele contenute nelle risoluzioni degli organismi internazionali (Onu, UE, Unesco ecc.) in quanto applicano il doppio standard, vale a dire le medesime accuse a Israele non vengono rivolte a Stati che adottano gli stessi comportamenti. Non sono casi isolati, avviene sempre. L’esempio più vistoso è la diffusione del BDS (Boicottaggio, disinvestimenti, sanzioni) che ha come obiettivo il solo Israele. La definizione IHRA è stata in questi 15 anni un buon strumento per capire, ma non per agire. Infatti non ha valore legale, non ne consente quindi l’uso per chiamare “reato” dei comportamenti che lo giustificherebbero in pieno. Ma pur sempre qualcosa per combattere antisemitismo e antisionismo, l’odio per Israele, che anche in questa occasione è stato il grande assente. A quando un ulteriore e più coraggioso passo avanti?