Con Shlomo Venezia se ne è andato un pezzo di storia; anzi, dice Marcello Pezzetti, direttore del Museo della Shoah di Roma, con lui è come se se ne fosse andata la storia della Shoah perché “Shlomo era la storia della Shoah”.
E se, come dice Pezzetti, Shlomo Venezia era la storia stessa della Shoah, ecco che il suo mancare facilita la narrazione negazionista della Shoah, alla quale d’ora in avanti non potranno più contrapporsi la voce, le parole, l’emozione, le lacrime di chi fu costretto a lavorare ai forni crematori di Auschwitz.
I negazionisti del forum italiano di Stormfront hanno accolto la notizia della morte di Shlomo Venezia con esultanza, letteralmente. Alle 7.13 del 1 ottobre hanno aperto nel loro forum un thread dal titolo “Morto il falsario olo-sopravvissuto Shlomo Venezia!” al quale sono subito seguiti osceni commenti accompagnati da altrettanto oscene immagini di calici di vino e boccali di birra nel momento del brindisi, fuochi d’artificio e cheerleaders saltellanti e sorridenti.
Tutto l’insieme lascia sgomenti, provoca rabbia, sdegno e spinge a dire “ora basta!”: basta al quotidiano scempio della storia, della memoria; al quotidiano oltraggio dei morti e dei sopravvissuti di Auschwitz.
Quel “Basta!” per alcuni significa anche “è venuto il momento, per l’Italia, come già per la Francia, la Germania, l’Austria, il Belgio, di introdurre una legge che condanni la negazione della Shoah come un reato”. L’hanno chiesta, di nuovo, a gran voce, proprio nei giorni scorsi, Riccardo Pacifici, ma anche Vittorio Pavoncello (presidente della Federazione Italiana Maccabi) sulle pagine dell’Huffington Post, Roberto Malini dell’associazione EveryOne, e con essi molti cittadini che hanno espresso il loro parere favorevole attraverso i commenti lasciati sui media ebraici in questi giorni.
Di questa legge in Italia, in realtà si parla perlomeno dal 2007 da quando cioè l’allora ministro dell’Interno Clemente Mastella propose un decreto legge sul reato di negazionismo, che fu approvato dal Consiglio dei Ministri (al governo c’era Romano Prodi) ma che non passò in Parlamento.
Mastella proponeva la reintroduzione delle norme previste dal decreto Mancino del 1993 sulla discriminazione per motivi razziali, etnici nazionali o religiosi, che erano state depenalizzate dalla legge sui reati di opinione votata nel 2006 sotto il governo Berlusconi. Per essere penalmente perseguiti sarebbe stato sufficiente “diffondere”, anche senza fare “propaganda”, idee antisemite o sulla superiorità e l’odio razziale.
La proposta di legge suscitò l’immediata reazione di un gruppo di storici e intellettuali, di formazioni e provenienze diverse, che su ispirazione di Marcello Flores dell’università di Siena, insieme a Simon Levis Sullam ed Enzo Traverso, stilò un manifesto dal titolo “Contro il negazionismo, per la libertà della ricerca storica”. Ad esso aderirono fra gli altri, studiosi come David Bidussa, Paul Ginsborg, Alessandro Pizzorno, Anna Rossi Doria, Carlo Ginzburg, Andrea Graziosi, Mario Isnenghi, Sergio Luzzatto, Claudio Pavone, Giorgio Rochat, Angelo D’Orsi, Giovanni De Luna; e ancora Giovanni Belardelli, Franco Cardini, Roberto Chiarini, Simona Colarizzi, Ernesto Galli della Loggia (sul dibattito che si aprì all’epoca, qui si può trovare un’ampia e interessante rassegna stampa).
Ne nacque un ampio dibattito, talvolta anche aspro fra due fronti contrapposti, pro e contro la legge. Fronti che, di fatto, resistono e si “scontrano” ogni qualvolta si riapre il dibattito sulla legge contro il negazionismo. Se da una parte ci sono gli storici ( per lo più di formazione “progressista”), dall’altra ci sono coloro che, come il presidente della Comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici, ritengono necessaria l’introduzione di questa legge per evitare che “in un perverso e pericoloso meccanismo mediatico in cui la posizione, per quanto riprovevole e aberrante dei negazionisti, possa essere sullo stesso piano di quella dei “Custodi della Memoria”” (Repubblica, 15 ottobre 2010).
Dal 2007 ad oggi molte cose sono cambiate nel paese e fra queste, non ultima è la dimensione e la diffusione dell’antisemitismo e delle idee negazioniste, che trovano nel web uno straordinario megafono. E’ possibile che la recrudescenza di questo fenomeno stia spingendo alcuni a rivedere le proprie posizioni in merito alla legge sul negazionismo?
Liliana Picciotto per esempio, storica della Shoah, autrice de “Il Libro della Memoria” (Mursia, 2001) impegnata da oltre vent’anni nella ricerca sui deportati ebrei dall’Italia, ha deciso oggi, proprio dopo l’oltraggio a Shlomo Venezia nel giorno della sua morte, di prendere apertamente posizione a favore di quella legge.
“Davvero non se ne può più!” dice accorata Liliana Picciotto. “Quello dei negazionisti è diventato ormai un attacco quotidiano, e sempre più pesante: alla storia, alla memoria, alla dignità delle persone – di quelle uccise e di quelle poche che sono riuscite a sopravvivere ad Auschwitz. Tutto questo non è più accettabile”. “Bisogna trovare un modo per mettere fine a questa incessante molestia perpetrata dai negazionisti nei confronti dei sopravvissuti, di coloro cioè che vedono continuamente negato, dileggiato, oltraggiato il loro tragico vissuto. Quel che i testimoni diretti dello sterminio di Auschwitz – e indirettamente, tutta quanta la comunità ebraica – sono costretti a subire, sono lesioni morali gravi, che provocano un turbamento dello stato d’animo.
“L’antisemitismo, il negazionismo – continua Picciotto – hanno raggiunto livelli tali di violenza e diffusione, specialmente in Rete, che non è più pensabile indignarsi e poi continuare a fare come se nulla fosse. Se finora abbiamo sopportato, ora la misura è colma. Come cittadina italiana e come ebrea italiana pretendo che la legge tuteli me, la mia storia, i miei defunti, contro chi ogni giorno li offende e dileggia. E desidero, pretendo, che la difesa del mio onore, doverosa da parte dello Stato, non passi attraverso leggi annacquate, presentate come provvedimenti contro il razzismo e la xenofobia. Qui si tratta di antisemitismo bello e buono e di quello vorrei che il Parlamento prendesse atto.”
Sul fronte opposto, Guri Schwarz, ricercatore dell’università di Pisa, autore fra le altre cose di un lavoro fondamentale sugli ebrei nell’Italia del dopoguerra (“Ritrovare se stessi. Gli ebrei nell’Italia postfascista”, Laterza, 2004) e condirettore della rivista “Quest. Issues in Contemporary Jewish History”, che si dichiara del tutto contrario a qualsiasi provvedimento legislativo contro il negazionismo. “Ero contrario nel 2007 quando ho firmato il manifesto degli storici contro la proposta di legge Mastella e lo sono tuttora. Posso capire le emozioni di chi si sente ferito e minacciato dal negazionismo, e tuttavia al Legislatore si deve chiedere di intervenire in modo lucido e razionale, non sull’onda dell’emozione. Dunque dobbiamo chiederci se sarebbe giusta una legge in materia e se sarebbe utile. Sono convinto oggi come allora che non sarebbe giusta: lo Stato non può e non deve intervenire in tema di libertà di pensiero e di parola. Credo altresì che non sarebbe utile. Pensare di “bloccare” con una legge il flusso delle informazioni e delle idee diffuse tramite la Rete è totalmente illusorio. Qualsiasi storico sa bene che le idee non si possono fermare per decreto, la censura non ha mai veramente impedito la circolazione delle idee. Ciò non riusciva nemmeno quando si trattava di mettere all’indice libri, figuriamoci ora nell’era di Internet. L’unico vero risultato sarebbe di far sì che certi messaggi circolerebbero in modo sotterraneo. Siamo veramente sicuri che vogliamo che i negazionisti diventino una sorta di conventicola carbonaresca che si organizza in forma clandestina? Perché questo sarebbe il risultato: non cancellare quei discorsi, ma renderli più difficili da seguire, controllare, contrastare. E allora, non è meglio che tutto resti alla luce del sole? Non è meglio sapere chi sono e dove sono i promotori di certi deliri?
“Quella contro il negazionismo è una lotta per la verità”, osserva ancora Schwarz. “E la verità storica è troppo preziosa per essere consegnata allo Stato. La nostra deve essere innanzitutto una battaglia culturale, da combattere per esempio attraverso l’istituzione nelle università di cattedre di storia dell’ebraismo e di storia dell’antisemitismo. L’Italia è uno dei pochissimi, se non l’unico paese in Europa a non avere cattedre specificamente dedicate a questo. Questa dovrebbe essere la nostra richiesta a chi ci governa: risorse per l’educazione e non una legge che limita la libertà di espressione, il cui primo effetto peraltro, sarebbe di consentire a coloro che negano la verità storica di presentarsi come vittime di una persecuzione. Detto ciò, conclude Schwarz, in Italia esiste già una legge che condanna e punisce azioni e affermazioni che istigano alla discriminazione su base razziale, ed è la Legge Mancino, così come esiste il reato di apologia di fascismo. Non abbiamo bisogno di nuove leggi, abbiamo bisogno di energie e risorse per continuare la battaglia sul piano dell’educazione e della cultura”.
Abbiamo lasciato aperto questo post ai commenti dei lettori per una settimana e il risultato è stato uno spiacevole susseguirsi di offese ed interventi che poco o nulla avevano a che vedere con un dibattito serio sulla necessità o meno di una legge sul negazionismo. Alcuni, infatti, hanno approfittato di questo spazio semplicemente per offendere delle persone. Cosa, questa, per noi inaccettabile: perciò abbiamo deciso di eliminare tutti i commenti lasciati in questi giorni. La nostra non è censura perchè l’insulto non è un’opinione.
Mosaico è e rimane un luogo aperto a tutti e disposto ad accogliere le opinioni di ciascuno. Le opinioni appunto, non gli insulti, a chicchessia rivolti.