di Angelo Pezzana
Sin dalla fondazione Israele non ha mai dichiarato nessuna guerra, anche se ne avrebbe avuto pieno diritto, essendo stato da sempre circondato da Stati nemici che volevano la sua distruzione. Eppure questo piccolo Stato ha sempre scelto dal 1948 in poi la difesa, sconfiggendo in ogni guerra gli eserciti di quel mondo arabo che non accettava la sua esistenza. Nemmeno i trattati di pace con Egitto e Giordania, la prova che con Israele la pace era un obiettivo raggiungibile, modificarono i “no” arabi, il cui obiettivo rimaneva la creazione di uno Stato palestinese al posto di quello ebraico, condiviso di fatto con l’ostilità nei confronti di Israele della maggior parte delle democrazie europee, del Vaticano e delle istituzioni internazionali, UE e ONU.
Condividere le richieste dei palestinesi, non importa quali, era diventato il leit motiv della posizione occidentale. In aggiunta, la politica mediorientale degli Usa, durante gli otto anni della presidenza Obama, scelse apertamente di schierarsi dalla parte degli Stati più vicini all’islam politico, mettendo in pericolo la sopravvivenza dei governi sunniti minacciati dall’Iran.
Lo slogan era sempre lo stesso: “due Stati per due popoli, soltanto così arriverà la pace”. L’arrivo alla Casa Bianca di Donald Trump ha segnato il cambiamento. L’apertura dei rapporti Usa con l’Arabia Saudita, gli Emirati del Golfo e altri Stati arabi ha rivelato che una parte significativa del Medioriente non attendeva altro per cancellare la politica anti Israele.
Chi l’avrebbe mai immaginato? Eppure le reazioni di governi e media in Occidente non hanno accolto questo risultato politico-diplomatico come avrebbero dovuto.
Se a Obama, appena eletto, venne conferito il Premio Nobel per la pace, in base alle sue affermazioni durante la campagna elettorale che lo portò alla Casa Bianca, Netanyahu, Trump e Bin Zayed avrebbero dovuto riceverlo avendo dimostrato con i fatti e non con le chiacchiere come in Medioriente può nascere finalmente la pace tra ebrei e arabi. Invece nulla.
La firma della pace alla Casa Bianca è stata registrata come un qualunque fatto di cronaca, nessuno fra i nostri politici che si dichiarano “amici di Israele” risulta, per esempio, che abbia invitato il nostro governo a trasferire l’ambasciata a Gerusalemme, dove le apriranno invece gli Stati arabi. A questi “amici” – assenti, nel momento del bisogno – è doveroso chiedere come si può esserlo senza mai dimostrarlo.
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