di Angelo Pezzana
La domanda scomoda
Se c’è una categoria che andrebbe regolarmente sottoposta a degli esami per valutare se quanto produce è attinente alla realtà dei fatti, è quella degli “esperti”- in questo caso i giornalisti – abituati in genere a trasmettere le proprie analisi obbedendo più a ciò che ritengono “politicamente corretto” verso la propria ideologia, poco importa se non corrisponde a quanto accade. Sono ormai “esperti”, possono scrivere quel che vogliono, una qualche credibilità gli verrà comunque assicurata.
Non va dimenticato quel giornalista che attribuì l’attacco alle Torri Gemelle alla Cia e al Mossad, una tra le prime fake news, tanto che ottenne una celebrità tale da procurargli un seggio al Parlamento Europeo e una carriera politica che continua tuttora. Ma veniamo all’oggi, con il caso Saad Hariri, il premier libanese che, per non fare la fine preannunciata del proprio babbo, ucciso da Hezbollah, ha lasciato il paese, rifugiandosi a Riad, Arabia Saudita, ospite dell’erede al trono Mohammed Bin Salman.
Una ospitalità che gli ha consentito di svolgere in quella capitale una intensa attività politica e diplomatica, ricevendo ambasciatori e capi di Stato, tutto l’opposto di quanto sarebbe dovuto accadere se fosse stato “rapito” e tenuto prigioniero, come hanno scritto quasi tutti i media e commentato gli “esperti” di cui sopra. Arrivando a scrivere, almeno per non perdere del tutto la faccia quando la tesi del rapimento, non era più sfacciatamente sostenibile “il febbrile attivismo dell’erede al trono dell’Arabia Saudita, Mohammed bin Salman, rischia di travolgere il fragile equilibrio della regione… e rilanciare l’odio verso l’Iran”. Caduta la spiegazione del rapimento, in più l’incontro a Riad con Emmanuel Macron, che ha invitato a Parigi Hariri – puntualmente avvenuto – invece di raccontare le responsabilità di Hezbollah, alla base di tutta la vicenda, questo “esperto”, su uno dei maggiori quotidiani italiani, attacca il principe saudita, il quale ha agito da abile diplomatico, e soccorre il povero Iran, investito dall’odio – così scrive – quando invece è proprio Teheran che guida i gruppi terroristi come Hezbollah e Hamas, per estendere il dominio dei mullah sulla regione mediorientale. L’ostilità contro bin Salman, che sta cercando di realizzare con difficoltà molte riforme per far uscire il proprio paese dal Medio Evo, avrà invece “conseguenze imprevedibili”, perché “rischia di far (ri)esplodere la regione”.
Possiamo ignorare il nome dell’esperto, le cui analisi sono simili ad altre. Sullo stesso quotidiano un altro “esperto” mediorientale scrive “pare che il principe Mohammed stia causando gravi danni all’economia saudita”, quando invece sta risanando il bilancio dello Stato tassando a colpi di miliardi di dollari i grandi evasori – in gran parte appartenenti alla smisurata famiglia reale – dopo averli costretti agli arresti domiciliari. Un metodo spiccio, sa poco di democratico, ma adatto al paese che governa. Domanda: perché questo accanimento contro due capi di Stato, Hariri in Libano e (quasi al trono) bin Salman in Arabia Saudita? Esprimono vicinanza e posizioni politiche favorevoli all’Occidente, in una regione dove finora c’era soltanto Israele a rappresentarle. La domanda non è solo lecita, ma anche doverosa.