Quante notizie in cui Israele non è l’“oppressore” ci vengono nascoste?

Opinioni

di Angelo Pezzana

La domanda scomoda

La disinformazione dei nostri media su Israele si sta allargando, l’attenzione non è più puntata soltanto sugli aspetti che ne possono mettere in evidenza le caratteristiche positive, puntualmente disattese per lasciare spazio alle critiche, mentre i servizi che coinvolgono i territori palestinesi – Gaza compresa – brillano per la cura con cui descrivono miseria, tragedie, ingiustizie, tutte imputabili allo Stato ebraico che continua a non esaudire le loro richieste.

Abbondano espressioni come “prigione a cielo aperto” per definire la Striscia, scrivendo che ancora oggi Israele la occupa, una bufala che viene spesso ripetuta; se poi il problema dei migranti è comune a livello europeo, per i clandestini entrati illegalmente dal Sinai Israele viene definita “razzista”. Ma la disinformazione, paradossalmente, è anche rivolta al mondo arabo israeliano. Notizie, di sicuro interesse anche per il lettore italiano, vengono escluse, perché giudicate dannose all’immagine dominante del “palestinese che soffre le ingiustizie di Israele”.

Un esempio viene dal movimento BDS, che chiede agli artisti stranieri di respingere gli inviti in arrivo da Israele, una forma di boicottaggio che gode di molto risalto sui media internazionali, Italia compresa. Molti respingono al mittente la richiesta, alcuni ubbidiscono. Ma che succede se il BDS chiede al regista arabo israeliano Shady Srour di ritirare il suo film dal Seret Film Festival di Londra e Edimburgo dove vengono proiettati film israeliani? Parteciparvi, dice il BDS, significa collaborare con i “crimini di Israele contro i palestinesi, ignorando colonialismo e apartheid”. Il regista si è sentito sotto processo e ha mantenuto il suo film al festival inglese. Holy Air, Aria Santa, questo il titolo del film, in cui il regista è anche l’interprete principale, è stato regolarmente proiettato al Jerusalem International Film Festival lo scorso anno.

Si svolge a Nazareth, dove un padre di famiglia non molto a mezzi vorrebbe diventare ricco uomo d’affari. L’idea gli viene quando incontra un prete che accompagna dei pellegrini a visitare la città. Perché non vendere l’aria di Nazareth in bottiglia? Quale miglior ricordo della città? Un film ironico, dove non vi sono apparenti tracce del conflitto, nessuna rivendicazione, ma soltanto una trama originale e per di più divertente. No, questo è davvero troppo per le regole pavloviane del tribunale BDS. Ci chiediamo chissà quante storie simili alla vicenda di Shady Srour avvengono in Israele e dintorni che ci vengono sottratte da una auto-censura non meno pericolosa, in più dannosa al Paese che ospita un numero molto alto di giornalisti che vedono, scrivono, interrogano quasi sempre a senso unico, obiettivo da colpire sempre lo stesso: Israele.
P.S. Questa domanda non è rivolta a quei giornalisti che svolgono con serietà la loro professione; purtroppo non sono molti. Ma ci sono.