Ravasi: quel cardinale seminatore di odio

Opinioni

di NES Noi Ebrei Socialisti

 

Cardinal Ravasi, abbiamo ascoltato il Suo intervento al Programma TV “Quante Storie”, intervento che risale al novembre 2023, ritrasmesso ieri 10 luglio, e che ha avuto i suoi effetti velenosi sino ad oggi.

Siamo indignati e chiediamo che Lei finalmente revochi le Sue parole.

Con sottile “sapienza”, Lei non ha esitato a sottolineare proprio l’importanza delle parole, ad esaltare la sua erudizione, linguistica e concettuale, ad affascinare e sedurre il pubblico, rievocando anni lontani, quando Papa Wojtyla, in visita alla sinagoga di Roma e al nostro grande Rabbino Elio Toaff, chiamò gli ebrei “fratelli maggiori”. E con metodo e con arte, proprio quel legame “fraterno” (che ahinoi fraterno non fu mai, ma coercitivo) non ha esitato a rievocare per lanciare una vera imprecazione contro gli ebrei, accusandoli di vendetta totale, di praticare non la cosiddetta “legge del taglione”, che sarebbe troppo poco, ma la legge di chi vuole una vendetta pari a 70 volte 7 l’insulto subito!

 

 

Riferendosi agli ebrei come popolo della vendetta, Lei non ricorda (o forse non vuol ricordare) il vero significato di quella legge che il Vangelo, e poi la Chiesa, ha manipolato e trasformato nella famigerata “legge del taglione” (Matteo 5, 38-42), che tutti sappiamo trattarsi per gli ebrei di una legge di giustizia: sia retribuito il danno con una somma equivalente e questo sia stabilito dal tribunale. E, senza dubbio, non rammenta neanche (o non vuol rammentare) che la vendetta di Lamech di 70 volte 7, alla quale Lei si riferisce, anche questa manipolata nel Vangelo (Matteo 18, 21-22), non riguarda il popolo ebraico, ma quell’umanità distrutta dal diluvio universale perché violenta.

 

Così, abilmente, Lei tratta il conflitto fra Israele e Hamas come se fosse un conflitto teologico e come se il popolo palestinese fosse la vittima sacrificale della sete di vendetta e di sangue mai sopita dei perfidi Giudei. Non una parola sulla strage del 7 ottobre, né un cenno ad un’analisi politica, quale che sia, ma un anatema contro gli ebrei i quali, invece di porgere l’altra guancia e di perdonare 70 volte 7 come fa la Chiesa, sono accusati di essere colpevoli di orribili vendette.

 

Proprio questa visione apolitica, simbolica, metaforica, “teologica”, che mistifica la realtà della guerra in corso, getta benzina sull’antico odio antisemita che abbiamo rivisto propagarsi dal 7 ottobre in poi. Un crescendo di parole di disprezzo che inchioda un popolo intero da duemila anni additato come vendicativo, feroce, deicida, avvelenatore di pozzi.

Da queste accuse che con diverse accezioni ci hanno colpito in questi mesi e che infiammano le piazze europee, ne sono scaturite altre. Israele è un paese “coloniale”, è un “baluardo dell’imperialismo” fra i pacifici popoli del Medio Oriente, gli ebrei sono “suprematisti bianchi”, quando prima, in Europa, erano tacciati come semiti, razza inferiore.

 

Eppure, siamo sicuri, Lei non dimentica e non ignora che, mentre quelle antiche accuse di vendetta rivolte agli ebrei sono false, tali non sono i milioni di ebrei realmente perseguitati e morti per quelle stupide accuse reiterate per secoli, nei ghetti, nei roghi durante l’inquisizione, nei pogrom, fino alla Shoah, accuse che Lei, impunemente e senza imbarazzo o turbamento alcuno, ancora continua a rilanciare.

 

Anche Lei, Cardinal Ravasi, ha cavalcato, senza tema né vergogna, questa trappola linguistica e concettuale che si chiama antisemitismo. Da fine studioso qual è, non può non accorgersi del veleno che ha seminato.

 

 

 

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