di Paolo Salom
Fa meno paura incolpare lupi solitari o psicopatici che non riconoscere negli attentati una logica terroristica
Germania, Francia, Gran Bretagna, Russia; da Londra a San Pietroburgo: gli attacchi di matrice islamista si ripetono con un copione che appare sempre uguale. Auto, coltelli, qualche volta armi da fuoco che, nelle mani di terroristi spietati, provocano un numero spropositato di vittime tra passanti inermi. Cercare una logica, un filo conduttore, è un’impresa non facile. Eppure, ci viene difficile credere alle spiegazioni dei media che continuano a descriverli come “l’opera di un folle”, “l’azione di un lupo solitario”, “il gesto non premeditato di un emarginato”. Pochi sono disposti a credere che tutti questi singoli episodi siano legati tra loro, sebbene la logica strategica sia coperta da un fumo fitto e impenetrabile. Che cosa accende una mente instabile? Quale l’input esterno che ne legittima la violenza che, seppur solitaria, obbedisce a una logica e disegno condivisi? Vorrei poter essere ottimista, ma di questi tempi l’ottimismo è un lusso che non possiamo permetterci. Optiamo invece per un sano realismo e diciamo che le tensioni internazionali si fanno di giorno in giorno più acute, che il Medio Oriente è notoriamente in subbuglio, tra guerre e “rivoluzioni”, e che l’Europa in qualche modo ne è toccata. Senza contare l’instabilità del Vecchio Continente, dovuta a ostilità di antica memoria (pensiamo alla mai risolta questione russa, irritata dall’allargamento della Nato a Est; all’annessione della Crimea e al conflitto in Ucraina Orientale). Ma torniamo a noi, gli ebrei in Occidente. Perché, nonostante le evidenze – e cioè l’israelianizzazione dell’Europa e l’evidente parallelismo tra gli attentati – la reazione di fronte al sangue versato risponde al solito riflesso condizionato? Ovvero: l’attacco terroristico a Londra o San Pietroburgo? Una “risposta all’occupazione dei Territori palestinesi”. Il disperato gesto “sconsiderato” di un folle? Una reazione alla presenza “abusiva“ di Israele in una “terra non sua”. Se la si legge così, non si arriverà mai a capire la realtà; ma al contrario si alimenteranno le mai sopite braci dell’antisemitismo. Cosa che risulta evidente dal costante aumento di minacce e attacchi a persone e istituzioni ebraiche. La qual cosa ci riporta al principio di un cerchio che si alimenta dell’odio antiebraico in funzione di un conflitto – quello tra Israele e mondo arabo-islamico – che è ancora lontano dal trovare un equilibrio, uno sbocco accettabile per tutti i protagonisti.