di Emanuele Calò
Guido Olimpio è un apprezzato giornalista del Corriere della Sera, che ebbi il piacere d’ascoltare anni or sono a Milano. A pagina 5 dell’edizione di giovedì 4 gennaio 2024 scrive “La nuova Monaco” , nell’occhiello, “Le unità speciali danno la caccia a Sinwar & Co. a Gaza, i Servizi si dedicano ai rappresentanti di Hamas in esilio“.
Se mi posso permettere, vorrei aggiungere, in questo accostamento, un elemento significativo. Sia a Monaco (1972) che nei kibbutzim vicini a Gaza (2023), ossia, trascorso oltre mezzo secolo, troviamo una coincidenza. Frugando nel secchio delle parole, ne estraiamo a caso un aggettivo: raccapricciante. Ma non è che noi si sia soddisfatti, perché tra percezioni e parole c’è quasi sempre uno scarto e, in questo caso, vi è un abisso, anche se un rimando materiale non è il massimo dell’adeguatezza.
A Monaco come nei kibbutzim (ma anche nel Rave party, e così via) vi sono state mutilazioni, violenze sessuali e abusi di ogni tipo. Uccidere una persona non è un’operazione qualsiasi: è vietata dai dieci comandamenti., si trova pure nei precetti noachidi. Epperò, aggiungervi un inenarrabile sadismo comporta l’aggiunta dell’indiscrivibile.
Tanto è indescrivibile che un amico, un immenso intellettuale (e questa è una chiave per capire chi possa essere) mi scrisse addebitando, giustamente, a Israele il danno che si è auto inflitto non diffondendo i video dei sicari di Hamas, la cui distribuzione avrebbe impedito il dilagare di un odio universale e ferocissimo.
A pensarci bene, Israele ha fatto la stessa cosa con le efferatezze di Monaco: per me, addirittura le insabbiò.
Tutto ciò ha un nome: pudore, e purtroppo se ne paga un prezzo. Cosa potremmo fare, ora? Capire, non da soli, ma con altri, di tutte le fedi e tutte le ideologie, il perché degli atti di sadismo omicida. Come mai il modus operandi è lo stesso, malgrado il succedersi delle generazioni. Sennonché, bisognerebbe infrangere dei tabù psicologici e culturali. Ne siamo capaci?