Sinwar come Ettore? Roberto Vecchioni, i paragoni incongrui e i cattivi maestri. Una risposta di Tonino Serra Contu

Opinioni

di Ester Moscati

“Mostrare il corpo di Sinwar è una mancanza di pietas, una cosa orribile. Quando il padre di Ettore, Priamo, va nell’accampamento dei greci, nella tenda di Achille, a reclamare il corpo del figlio Ettore…”. Così Roberto Vecchioni commenta (nella trasmissione di Gramellini su La7, il 19 ottobre)  le immagini del drone che ha ripreso gli ultimi istanti di vita del “macellaio di Khan Yunis”, la mente del 7 ottobre, colui che ha ordinato la mattanza, gli stupri, le mutilazioni di civili israeliani, giovani, donne, bambini…

Non ricordiamo parole di pietas per i corpi esposti come trofei sui pick-up palestinesi, da parte del professor Vecchioni. Ricordiamo Marika, la canzone in cui si esalta una terrorista palestinese che si sta preparando a compiere un attentato: “Canta Marika canta, come sei bella l’ora del destino, ora che stringi la dinamite come un figlio in seno”.

Fa male ascoltare queste parole? Sì, fa male. A me almeno. Perché con Vecchioni ci sono cresciuta. Perché quando canticchio qualcosa sono spesso le sue parole: il Castello, Stranamore, Samarcanda…. sono vecchia, lo so. Fa male (meno) anche per Gramellini che conduce trasmissioni che vorrebbero esaltare l’importanza delle PAROLE, e invece sdogana termini come “genocidio” e “vendetta ebraica” come un quaraquaquà qualunque.

E siccome quando si sta male non si è lucidi, lascio la parola alla risposta, lucidissima e perfetta, di uno scrittore sardo che a Vecchioni ha replicato come meglio non si poteva.

Il tallone di Achille di Vecchioni

di Tonino Serra Contu *

Caro prof. Vecchioni

amo in lei il poeta, il cantore delle emozioni profonde, l’insegnante amato nel suo liceo, l’uomo buono che ha sofferto molto ma, mi permetta di dirle con affetto, che lei è un gran pasticcione.

Paragonare Ettore a Sinwar è  una solenne bestemmia, caro professore, e nei suoi allievi potrebbe provocare una grave confusione. Non avrei mai immaginato che, forzando il mito avrebbe tradito il logos, preferendo un paragone suggestivo, ma falso, alla realtà cruda ma vera.

Mai avrei pensato che sarebbe diventato un cattivo maestro.

La seguiranno in molti purtroppo perché confonderanno la sua musica con le sue parole inappropriate. Lo stanno già facendo.

Ettore, “il grande Ettorre”, è l’eroe magnanimo per eccellenza, il guerriero che si batte per la sua gente affrontando a viso aperto il più forte e invincibile degli eroi greci: Achille, figlio di Teti, che lo aveva reso quasi immortale.

Sa bene di morire nel duello, sotto le mura di Ilio. Lo sa così bene che saluta per l’ultima volta Andromaca, la donna amata che sta per lasciare sola insieme con il piccolo Astianatte, al quale augura comunque un futuro felice: “Non fu sì forte il padre”.

Ma si fa uccidere in un duello impari per proteggere la sua città, si sacrifica per essa.

Sinwar non affronta il nemico con lealtà. Si nasconde nelle caverne profonde e sicure, dove ha ammassato viveri e danaro, assistendo al massacro della sua gente, che sacrifica sull’altare di un ideale di morte. Non difende i suoi cittadini, ma se ne fa scudo e li lascia uccidere.

Prima di scatenare il pogrom di vecchi e bambini, prima di rapire e stuprare uomini e donne ridotti a schiavi, sapeva che avrebbe portato il suo popolo al massacro: lo desiderava, anzi, per suscitare la commozione contro il nemico che si era costruito con odio per anni.

Il sangue della sua gente sarebbe servito a erigere uno stato islamista, fanatica, malvagia.

Ama il martirio, ma degli altri.

Dal suo regno sotterraneo vede soddisfatto la sua gente morire sotto le bombe da lui innescate

No. Sinwar non è Ettore.

E non merita, come lei auspica, che il suo cadavere sia restituito alla famiglia per rendergli onorata sepoltura.

Sinwar non ha una famiglia, non ha un padre come Priamo che gli dei pietosi aiutano a raggiungere di nascosto la tenda dove abita l’assassino del figlio Ettore. Ha solo dei complici di una vita violenta, di assassini senza umanità alcuna.

Lascia non un orfano puro come Astianatte, ma figli educati all’odio con lettere deliranti e un esempio diabolico. Questi familiari chiederebbero il suo corpo per farne un feticcio di morte, un monumento all’intolleranza, al razzismo, all’odio eletto a sistema.

No. Sinwar non avrà un Omero che ne racconti i giochi in suo onore, con il mondo eroico che si inchina davanti alla purezza del più grande di loro.

Ecco, professore, il nemico restituisce il corpo di un uomo che rispetta, non il cadavere di un uomo odiato per la sua ferocia, che ha disonorato ogni principio di civiltà.

Questo cadavere sia bruciato e le sue ceneri vengano disperse.

Come quelle di un altro efferato assassino, anche lui cresciuto nell’odio verso gli ebrei e nel sogno infernale di distruggere un popolo.

Era Adolf Eichmann.

Caro professore,

avrebbe potuto dire ai suoi allievi e ai fanatici che domani costruiranno il mito di Sinwar anche attraverso le sue parole, che il macellaio di Gaza e dei palestinesi non è Ettore: Sinwar è Thanatos, la personificazione della morte.

Omero, che le consiglio umilmente di rileggere, racconta che era un dio crudele, figlio della Notte come Ipno, che concede ai mortali la dolcezza del sonno.

Thanatos è invece il dio dell’angoscia e dell’incubo: abita il mondo sotterraneo dal quale esce per tormentare i mortali.

Nell’Alcesti di Euripide Thanatos è il tetro sacerdote dell’Ade che combatte con Eracle venuto a riprendere Alcesti: il dio della morte che combatte per sottrarre una sventurata alla vita.

Ieri nell’Ade, oggi a Gaza.

E siccome a lei piacciono i paragoni, vorrei ricordarle che Freud, profondo conoscitore dell’animo umano, contrappone teoricamente Eros a Thanatos, due divinità che da sempre agitano l’inconscio dell’uomo tra istinti di vita e istinti di morte.

Sta qui la differenza tra Ettore e Sinwar: non simili, ma contrapposti e incompatibili come lo sono il culto della vita e la morbosa adorazione della morte.

Io so con chi stare. Senza alcun dubbio e nessuna confusione.

Fino alla sconfitta definitiva di Thanatos e dei suoi fanatici fedeli.

Buona vita e buone letture, professore.

 

* Tonino Serra Contu, scrittore, medico, politico,  nativo di Jerzu (Jersu in Sardo)