di Roberto Zadik
La Torah viene da sempre chiamata “Antico Testamento” ma contrariamente a pregiudizi e idee fisse che spesso circolano in passato come oggi, essa rivela aspetti estremamente attuali per la vita quotidiana e il rispetto interpersonale. In questi ultimi anni non si fa altro che parlare di immigrazione, di sbarchi sulle coste, di stranieri e anche in Israele e nel mondo ebraico tanti sono gli immigrati che ogni anno arrivano nello Stato ebraico.
Ma cosa dicono a questo proposito le Scritture? Proprio in un passo, Pasuk in ebraico, della Parasha di questa settimana, Behar Sinai, in attesa della grande celebrazione di Shavuot e del dono della Torah, si parla di “amare e proteggere lo straniero perché voi foste stranieri in Terra d’Egitto”.
Pubblicato dall’autorevole sito Times of Israel il commento di Rav Jonathan Sacks ex Rabbino Capo d’Inghilterra spiega in una prosa come sempre molto gradevole e acculturata, alcuni importanti messaggi della Torah verso chi viene da altre culture o provenienze e spesso e volentieri si trova in situazioni disagiate di povertà e degrado.
Nel suo articolo Rav Sacks parte dal testo biblico e in questo passo del Deuteronomio viene scritto questo passo “Perché il Signore tuo Dio grande, potente e temibile sempre giusto e imparziale difende le cause degli orfani e delle vedove e ama lo straniero che abita in mezzo a te dandogli cibo e vestiti. Per questo dovete amare gli stranieri, perché foste stranieri in terra d’Egitto”. Inizialmente a sostegno di questo principio, questo importante Rabbino e intellettuale, 68enne cita una serie di fonti, fra cui il Talmud, sottolineando l’opinione dei Saggi che evidenziano come “La Torah riporta solo una volta di amare il prossimo mentre per 36 volte invita a amare lo straniero” (Baba Metsia 59b).
Ma qual è la definizione di straniero? Rav Sacks riporta la seguenti considerazioni qui sintetizzate e tradotte. “Per straniero per la Torah intende chi non è ebreo e in tempi antichi il testo si riferiva ai cananei ma questo termine poteva anche riferirsi all’insieme di persone (Erev Rav) che lasciò l’Egitto assieme agli ebrei. Oltre a questo il testo comprende anche quello straniero entrato in Israele per cercare rifugio e salvezza. Dobbiamo imparare dalla nostra sofferenza e dall’esilio in Egitto dove siamo stati stranieri e oppressi. Comunque sia, il trattamento degli stranieri nella Torah riveste una grande importanza”. In ebraico c’è una parola per designare lo straniero, il Ger che come ha fatto sapere il Rav assume diversi significati dal “convertito “Ger tzedek” che a tutti gli effetti assume gli stessi diritti dell’ebreo, precetti e comandamenti, al forestiero non ebreo, il “Ger Toshav”.
“La parasha” continua lo studioso “ approfondisce i diritti di questa persona spingendo il popolo ebraico sostenere e aiutare sia i convertiti che gli immigrati. Non solo essi devono essere accettati nella Terra santa ma devono avere la possibilità di condividerne stato sociale e aiuti”. “Ricordatevi” dice Rabbi Sacks “che l’accoglienza è una regola molto antica, formulata molto prima che i Saggi formulassero principi di pace e convivenza, obbligando gli ebrei a estendere la carità sia agli ebrei che ai non ebrei. Sullo straniero, Ger Toshav, si esprime anche il Talmud invitando i non ebrei a osservare le sette Leggi Noachidi, e questa rappresenta una delle prime regolamentazioni dei diritti degli stranieri e delle minoranze.
Secondo il Rambam c’è un obbligo per gli ebrei di stabilire una Corte di Giustizia che disciplini le controversie con gli ebrei e ognuno dovrebbe comportarsi con lo straniero con lo stesso rispetto e la fratellanza rispetto ai correligionari. Si tratta di norme di comune buonsenso assolutamente adatte alla società multi-etnica e multi-culturale”. Ma non finisce qui e Rav Sachs si addentra nella questione poiché come ha detto” la regolamentazione sullo straniero stabilisce che per avere la cittadinanza non è necessario essere ebrei per aver la cittadinanza ma basta comportarsi in maniera etica e responsabile.
Ad esempio nientemeno che il Re David si innamorò di Batsheva, moglie di uno straniero, Uriah l’Ittita. Si trattò di una relazione extraconiugale e i due si unirono mentre il marito di lei era in guerra assieme all’esercito degli israeliti. Vedendo che la donna era rimasta incinta, David comprese che la donna aveva commesso adulterio. Disse alla donna di tornare a dormire col marito, dopo che egli tornò dal conflitto in modo che gli spiegasse che era lui il padre del futuro bambino. Ma il piano fallì. Quando Uriah tornò da lui, Re David cercò di attirare la sua attenzione facendo alcune domande su come stesse andando la guerra e come stessero i soldati. Poi invitò Uriah a andare a casa e a lavarsi i piedi”. Rav Sacks racconta che a sorpresa Uriah non lasciò il palazzo reale e a David venne riferito questo, così chiese a Uriah perchè non andasse a casa dopo una campagna militare ed egli rispose “Come posso andare a casa a mangiare e a bere dormendo assieme a mia moglie mentre il popolo di Israele e Giuda sono nelle tende e il mio comandante Joab e i suoi uomini sono accampati nelle tende? Finché vivrò non mi abbasserò mai a una simile azione!” (Libro di Samuele 11:6:11).
“Questa storia” conclude Rav Sacks “ è un esempio della straordinaria lealtà di un non ebreo come Uriah che rimasto fedele mentre Re Davide è rimasto a Gerusalemme non andando in guerra e avendo un rapporto con la moglie di un altro uomo. Uno straniero dunque diventa un eroe morale mentre il più grande Re di Israele in questa vicenda cade nel peccato. Nell’ebraismo i diritti delle minoranze sono indice di uan società giusta e libera. Fin dai tempi di Mosè essi stati al centro del tipo della società che Dio vuole da noi nella Terra di Israele. E questo è un principio che specialmente oggi dobbiamo prendere sul serio.”