di Angelo Pezzana
[La domanda scomoda] Il prossimo 23 marzo è la data in cui si terranno le elezioni in Israele, la quarta volta in due anni. È stata la notizia su Israele più diffusa sui nostri media in questi ultimi mesi, prima di essere superata dal successo della distribuzione dei vaccini anti-virus che non poteva essere ignorata. A lasciarci stupiti non è però l’eccezionalità della frequenza, difficile trovare esempi equivalenti fra i governi degli Stati democratici e, meno che mai, in quelli dove i risultati delle elezioni -sempre che vengano indette- sono facilmente prevedibili. Israele continua a essere giudicato secondo criteri e valori che non vengono applicati a nessun altro Stato democratico. Non gli si possono attribuire scandali o corruzioni tali da richiedere la caduta del governo, sono infatti le maggioranze risicate a non permetterne la continuità. I cittadini sono chiamati a scegliere da chi vogliono essere governati, dovrebbe essere la base di ogni sistema democratico, ma non vale per Israele.
Silenzio assoluto invece quando indire elezioni è una prassi inesistente, ad esempio, nella Anp di Abu Mazen. Le ultime elezioni generali sono del 1996, mentre quelle presidenziali sono del 2005, dopo la morte di Arafat. È da quell’anno che Abu Mazen non si sottopone al giudizio dei cittadini. È vero che governa uno Stato che tale non è, ma ricordarlo non sta bene, ciò che affascina i cronisti è poter scrivere che Israele “occupa” dei territori palestinesi quando la verità storica imporrebbe la definizione di “contesi”. Il mondo è pieno di Paesi che occupano territori altrui, senza che la cosa interessi i media.
Un’altra notizia non giudicata tale sono le risoluzioni anti-israeliane dell’Onu e della UE, che andrebbero classificate senza ombra di smentita come atti antisemiti.
Quanti sono al corrente che la Commissione Europea marchia le merci provenienti dalla Cisgiordania/ Giudea e Samaria, cioè territori contesi, quando non si comporta nello stesso modo con altri Stati democratici europei?
L’occasione per mettere in cattiva luce Netanyahu durante la prossima campagna elettorale sarà troppo ghiotta per non essere sfruttata, mentre continuerà a essere ignorato un fatto che da solo basterebbe per equilibrare la sua immagine di leader. In un 2020 che ha colpito duramente l’economia in tutto il mondo, lo Shekel, la moneta israeliana, è rimasta forte.