Riceviamo e pubblichiamo una lettera dell’Osservatorio Solomon in risposta all’appello dei giovani.
Gentile Direttore,
abbiamo letto con sorpresa e preoccupazione la lettera-appello pubblicata dal Suo giornale il 13 luglio scorso, dal titolo: “Contro l’annessione: una voce ebraica italiana, una protesta globale – La lettera di un gruppo di giovani ebrei”, in merito alla quale il nostro Osservatorio ha ricevuto diverse segnalazioni.
Premesso che, come organizzazione apolitica e scientifica, non riteniamo di dover prendere posizione sull’opportunità politica del progetto di estensione della sovranità amministrativa e legale su porzioni di territorio contese tra lo Stato d’Israele e l’Amministrazione Palestinese, né sul piano di pace promosso dal Presidente Trump, segnaliamo tuttavia il rischio e la crescente preoccupazione conseguente al tentativo di un’identificazione politica e partigiana rispetto a tali temi, da parte di organi istituzionalizzati riconducibili alle Comunità Ebraiche e/o di gruppi di individui genericamente identificati in quanto “ebrei”, rammentando che la definizione di antisemitismo dell’Alleanza internazionale per la memoria dell’Olocausto (IHRA), ampiamente condivisa dalla comunità internazionale, ha espressamente individuato tra le
forme contemporanee di antisemitismo il considerare gli ebrei collettivamente responsabili
per le azioni dello Stato di Israele.
Nel merito di quanto argomentato nella lettera, rileviamo numerose imprecisioni, ed alcune oggettive mistificazioni, rispetto alle quali corre l’obbligo di precisare quanto segue.
Il “gruppo di giovani ebrei” autori della lettera ha di fatto lanciato un suo manifesto politico, avendo dichiarato: “Ci accomuna la forte opposizione all’occupazione israeliana dei territori palestinesi”.
Così facendo, costoro hanno avallato un ricorrente argomento di propaganda antiebraica, dissimulato in “opposizione all’occupazione”, utilizzato da numerose entità ostili all’esistenza stessa d’Israele, ma contrario alla realtà storica ed al diritto internazionale, per il quale Israele sarebbe uno Stato insediato su terre palestinesi.
Gli autori della lettera hanno deciso che la Giudea e Samaria sono territori palestinesi, senza prima domandare alla popolazione palestinese, all’OLP o ad Hamas se a loro avviso Israele occupi alcuni o tutti i territori palestinesi, ignorando che, non avendo mai accettato alcun trattato di pace (ne sono stati respinti formalmente almeno quattro, uno dei quali
prevedeva la restituzione del 94% delle terre contese), le suddette fazioni contestano
tutt’ora la legittimità dell’esistenza stessa dello Stato d’Israele a prescindere dai relativi
confini, che farebbero integralmente parte dei territori palestinesi.
E’ inaccettabile, inoltre, l’espresso riferimento ad un’asserita “discriminazione sistemica dei palestinesi, negando i loro diritti individuali e collettivi”, sulla cui gravità si richiama la definizione di antisemitismo dell’IHRA, per la quale costituisce antisemitismo sia sostenere che l’esistenza dello Stato di Israele è una espressione di razzismo, sia fare
paragoni tra la politica israeliana contemporanea e quella dei nazisti.
E’ invece indiscusso e di pronto riscontro il fatto che in Israele è garantita la libertà di culto e l’uguaglianza amministrativa e di fatto di tutte le differenti anime che compongono la popolazione israeliana, contrariamente a quanto accade nei Paesi circostanti, ed in Stati comunemente definiti “democratici”. Si richiamano, al riguardo, le recenti vicende legate
alla trasformazione in moschea della Basilica di Santa Sofia in Turchia): anche su tale punto, si rammenta che costituisce antisemitismo, secondo l’IHRA, “Applicare due pesi e due misure nei confronti di Israele richiedendo un comportamento non atteso da o non richiesto a nessun altro stato democratico”.
Il “gruppo di giovani” peraltro non menziona il fatto che Israele si è ritirato dalla Striscia di Gaza nel 2005, subendo da allora ininterrotti bombardamenti e che, se non fosse per i sistemi antimissile, non esisterebbe più.
E’ inoltre il caso di menzionare, a beneficio dei “giovani ebrei” le forze che compongono l’Autorità palestinese secondo il sito ufficiale dell’Ambasciata in Italia: “Movimento di Liberazione Palestinese (Al-Fatah), Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina – Comando Generale, Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina, Avanguardia per la Guerra Popolare di Liberazione, Fronte di Liberazione Arabo, Fronte Palestinese di Lotta Popolare, Fronte per la Liberazione della Palestina, Unione Democratica Palestinese, Partito del Popolo
Palestinese, Partito della Terza Via, Iniziativa Nazionale Palestinese, Movimento della Resistenza Islamica (Hamas), Movimento per la Jihad Islamica”.
Farebbe bene il “gruppo di giovani” a verificare se alcuni di questi partiti siano nella lista dell’Unione Europea delle organizzazioni terroristiche, circostanza della quale gli stessi non fanno cenno.
Nella lettera si condanna con la massima fermezza il tentativo di “annessione” e di “occupazione” israeliana di territori palestinesi, secondo presunti principi di diritto internazionale.
I richiami al diritto internazionale sono tuttavia giuridicamente errati, in quanto per poter parlare di annessione, secondo i richiamati principi di diritto, occorrono due presupposti fondamentali: l’uso della forza e la precedente sovranità di uno Stato sulle terre oggetto della presunta annessione.
È sfuggito all’analisi degli autori che i territori della Giudea e Samaria (cosiddetta West Bank), già sotto l’amministrazione israeliana, non sono stati occupati né tantomeno sarebbero “annessi” con l’uso della forza.
L’uso della forza non può essere rinvenuto nella Guerra del 1967, dalla quale è scaturita la presenza dello Stato d’Israele in quelle terre, poiché per la comunità internazionale quella guerra è stata subita da Israele, che ha agito in via difensiva.
In secondo luogo, non esiste alcuna sovranità palestinese preesistente su quelle terre, se non quella della Giordania, che le ha occupate illegalmente per 29 anni e dalle quali si è formalmente ritirata.
Il diritto della sovranità di Israele su quei territori è, viceversa, fondato sulla Risoluzione di San Remo del 1920 e sul Mandato Britannico per la partizione della Palestina, entrambi trattati vincolanti secondo il diritto internazionale e gli stessi territori contesi sono oggetto di negoziati fondati sugli Accordi di Oslo del 1993-1995, ancora vigenti tra israeliani e
palestinesi e che prevedevano in capo a questi ultimi l’abbandono del terrorismo.
In ogni caso, il piano oggi proposto da Israele ha natura amministrativa e legislativa e non presuppone l’uso della forza previsto perché ricorra il fenomeno dell’annessione.
Il proposito del “gruppo di giovani ebrei” non è quindi osteggiare la cosiddetta annessione, ma l’allineamento entusiasta a cori anti israeliani, espressione di una minoritaria ed autoreferenziale ideologia politica. Chiediamo, pertanto, alla redazione di Mosaico di non prestarsi a fare da megafono per queste voci, evitando di avvalorare o diffondere stereotipi discriminatori, che rischiano di essere lesivi dell’intera collettività.
Barbara Pontecorvo, presidente Osservatorio Solomon
Solomon è un’organizzazione di volontari, apolitica e senza fini di lucro, per la tutela di ogni forma
di discriminazione, ispirata alla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e delle Nazioni Unite,
alla Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea e della Convenzione Europea per la
salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.
La nostra associazione costituisce un Osservatorio volto ad individuare e perseguire ogni forma di
discriminazione, crimine d’odio, incitamento all’odio (anche su internet), boicottaggio, diffamazione
ed emarginazione e fornisce competenze e supporto ad individui e associazioni nazionali ed
internazionali che siano vittime di tali crimini.
L’Osservatorio opera in accordo e collaborazione con primarie associazioni mondiali per la difesa
dei diritti dell’uomo.
COMMENTI
Caro Mosaico,
un breve intervento sul dibattito in corso in merito all’appello dei giovani.
L’appello è ingenuo e per certi versi sgrammaticato nella sostanza e nella forma (manca di conoscenza della grammatica del diritto internazionale e non solo).
Ma utilizzare la definizione di antisemitismo elaborata dall’IHRA per censurare le opinioni di altri ebrei penso che sia il colmo dei colmi.
Ho sempre ritenuto questa definizione tossica e sciagurata, così come tossica e sciagurata è stata la campagna per ottenere l’adozione di questa definizione da parte del parlamento italiano (totalmente inutile visti gli episodi di antisemitismo arrivati da noti deputati dei 5 stelle e non solo).
Ora la signora Pontecorvo ha l’ardire di utilizzare la suddetta definizione per censurare altri ebrei che la pensano diversamente da lei e dalla sua associazione.
Non c’è bisogno di commentare ulteriormente.
Un cordiale shalom
Daniel Hazan