di Roberto Zadik
Omaggio a Eliezer Ben Yehuda, “padre” dell’ebraico moderno, e al suo fondamentale contributo, attingendo dalla Torà e dal suo passato religioso. Il 16 dicembre cade il centenario della sua scomparsa, a 64 anni.
Sembra davvero inimmaginabile, e indubbiamente geniale, quello che lo studioso e linguista ebreo lituano Eliezer Ben Yehuda ha compiuto, trasformando l’ebraico biblico, fino ad allora “lingua santa”, nell’attuale idioma dello Stato d’Israele, l’ebraico moderno.
Scomparso a 64 anni, il 16 dicembre 1922, fu un personaggio tanto brillante quanto ribelle e irrequieto, emblema dello scontro fra religiosi e laici che lacerò il mondo ashkenazita Est Europeo a partire dall’Ottocento. Lo studioso, per la sua attività, attinse sempre dal proprio bagaglio di studi religiosi e, dopo aver quasi abbandonato del tutto l’osservanza dei precetti, proprio l’ebraico fu la sua unica salvezza dalla perdita delle sue radici.
Il sito My Jewish Learning ricostruisce la sua tormentata esistenza, in un articolo ricco di aneddoti e curiosità. Come il pittore Chagall e gli scrittori Singer ed Eli Wesel, anche Eliezer Perelman, questo il suo vero nome, nacque in una famiglia rigorosamente ortodossa; suo padre era un chassid del movimento Chabad che morì quando lui aveva solo cinque anni. Successivamente lo zio, quando lui aveva 13 anni, decise di mandarlo alla Yeshivà di Polotzk per compiere i tradizionali studi biblici e talmudici. Nonostante questo, ad insaputa della famiglia, egli incappò nel Capo della scuola che, segretamente, era diventato membro dell’Haskalà (Illumisnismo ebraico) e che lo iniziò a interessi non religiosi o “secolari”, dalla letteratura al nazionalismo ebraico che, a causa delle persecuzioni e dell’antisemitismo che divampava in Lituania e nei Paesi vicini, spinsero sempre più ebrei verso l’utopia sionista.
Proprio questa difficile situazione incoraggiò il giovane Ben Yehuda a creare la lingua per rafforzare questo sogno e concretizzarlo nella vita quotidiana. Nel 1881 Eliezer Ben Yehuda arrivò in Palestina, dove gli ebrei non parlavano ebraico dai tempi della Torà, salvo che in circoli ristretti. Nel 1922, grazie al suo infaticabile lavoro, c’era un numero sufficiente di pionieri ebrei a conoscenza di questa lingua che perfino le autorità britanniche arrivarono a riconoscere come lingua ufficiale.
Il sogno di Ben Yehuda si stava realizzando ma egli morì senza poter assistere alla nascita di Israele, 26 anni dopo la sua morte. Ma come arrivò alla creazione del primo dizionario di lingua ebraica e in quale contesto egli si dedicò alle sue ricerche? Era l’epoca della liberazione dell’Italia e della Grecia, della sanguinosa guerra fra Russia e Turchia e, in quel 1877, egli si stava diplomando ultimati i suoi studi liceali. Apprendendo che le comunità ebraiche europee e nordafricane spesso usavano una “lingua alternativa” rispetto a quella del mondo esterno, come protezione da esso, dallo Yiddish al francese fino ad una forma arcaica di ebraico medievale, per comunicare fra loro, fu sempre più determinato nella realizzazione di una lingua universale e comprensibile, da più gente possibile, magari parlata quotidianamente come lingua nazionale.
Perseguendo con tenacia e lungimirante intuizione questo ideale, nel 1881, a 23 anni, arrivò a Gerusalemme con la moglie Deborah Jonas, anche lei figlia di un ambiente familiare ortodosso chassidico. In casa sua e con suo figlio Ben Zion egli impose l’uso dell’ebraico formando la prima famiglia, presente sul territorio, che si esprimeva in questa lingua. Nella Terra Promessa egli visse momenti di estrema difficoltà. Animato dalla volontà di avvicinare gli ebrei ortodossi, da cui egli stesso proveniva, all’utilizzo della lingua ebraica, vestito con i tipici abiti religiosi e lasciandosi crescere barba e peyot, invitò parecchi di loro casa sua ma molti, accorgendosi di questa finzione, lo criticarono aspramente, indispettiti dal suo uso “profano” dell’ebraico e, successivamente, minacciarono di scomunicarlo.
Personalità dalla tenacia straordinaria, malgrado questi problemi, non rinunciò al suo intento di diffondere l’ebraico moderno nella Palestina mandataria di allora e continuò a parlare questa “nuova lingua” in casa convincendo altre famiglie, che stavano sempre più formando la comunità laica sionista del Paese, ad utilizzarla fra di loro. Allevando suo figlio in questa lingua, egli volle “educare” il Paese allo stesso modus vivendi. Al fine di diffondere più possibile l’ebraico moderno, nel 1912, egli fondò, a Gerusalemme, il Primo Comitato di Lingua ebraica.
Parte centrale del suo piano fu avviarne l’utilizzo nelle scuole e nella pubblica istruzione e infine, creare il primo dizionario di lingua ebraica. Una serie di intuizioni vincenti, applicate metodicamente, furono la “password” per trasformare questa lingua nella soluzione per risolvere i problemi di comunicazione fra gli immigrati dei vari Paesi sempre più presenti in Erez Israel. L’ebraico delle preghiere era comunque la base comune e l’ebraico moderno era la sola logica possibilità di unificazione linguistica.
Per la realizzazione del dizionario, Ben Yehuda dovette lavorare incessantemente. Passò giornate intere a redigere lunghe liste di parole, scrivendo articoli in ebraico sulla rivista, da lui fondata, Hatzevi. Ci vollero dodici anni di duro lavoro, dal 1910 al suo ultimo anno di vita, il 1922 per la messa a punto dei 17 volumi della monumentale opera Dizionario Completo dell’Ebraico Antico e Moderno che venne terminato poco prima della sua morte.
Nonostante la sua vita breve e tormentata e le resistenze e i fallimenti che egli incontrò, Eliezer Ben Yehuda fece qualcosa di straordinario, ridando vita a una lingua che, per secoli, era stata limitata ad usi strettamente religiosi; le sue regole, stabilite nel Comitato di Lingua Ebraica, furono basilari per la nascita di accademie e futuri centri di studio e diffusione dell’ebraico che, grazie al suo impegno infaticabile, si estesero sempre di più nel Paese.
Molto ispirata e profetica fu la prefazione che egli scrisse al suo dizionario: “In quei giorni improvvisamente scese una voce celeste che mi disse: Avverrà la rinascita di Israele sul suo antico territorio”.
Viaggiatore coraggioso e personalità intraprendente egli si convinse a diffondere sempre di più l’ebraico; quando a Parigi il giornalista George Getzel gli disse che, in Asia ed in Africa, c’erano gruppi di ebrei che comunicavano in questa lingua decise di frequentare una serie di linguisti e docenti per imparare sempre più parole e lavorare alla sua idea di creazione del futuro dizionario.
Anche la sua vita privata fu piuttosto complessa. Infatti sua moglie morì nel 1891 ed egli ne sposò, sei mesi dopo, la sorella minore Hemda che lo accompagnò con dedizione nel suo lavoro di linguista innovativo e di pioniere audace e visionario dell’ebraico moderno. Perennemente in lotta con vari ostacoli, primo fra tutti la resistenza delle frange ortodosse più intransigenti verso la diffusione della “lingua santa”, ma, non da meno, i problemi politici con le autorità turche in Palestina che dichiararono “fuorilegge” il sionismo, nonostante tutte le difficoltà, non rinunciò mai alla realizzazione del suo intento. Egli riuscì a rendere l’ebraico lingua nazionale, cercando sempre di instaurare una lingua semplice e chiara, libera da termini retorici e sobria con neologismi da altre lingue che fossero utili e non superflui o ridondanti. Uno sforzo enorme e un miracolo che portò risultati e soddisfazioni, durati fino ad oggi, ai quali Ben Yehuda, purtroppo, non riuscì ad assistere. Egli divenne il protagonista di un successo del grande cantautore israeliano Matti Caspi che ne descrisse le imprese nel brano Eliezer Ben Yehuda del 1978.